Nel pieno della querelle tra Stati Uniti e Cina sulla scelta di imporre dazi alle rispettive importazioni, Pechino si è comunque assicurata un’entrata privilegiata nel libero commercio internazionale. L’aiuto, se così si vuole chiamare, è arrivato da un piccolissimo Stato dell’Africa orientale, ma dall’importanza strategica fondamentale, il Djibouti.
L’importanza strategica del Djibouti
L’importanza di questo Paese la si evince semplicemente gettando uno sguardo sulla cartina geografica, ove il Djibouti si colloca all’ingresso dello stretto di Aden. Quel canale che, risalendo verso nord, porta dritto nel Mar Rosso e più su ancora verso il Canale di Suez. In sostanza, con la Somalia ancora nel caos di un conflitto interno, il Djibouti rappresenta l’unico Paese della zona che può garantire quella sicurezza necessaria per il corretto svolgersi del commercio.
Condizioni che non sono passate inosservate dalle parti di Pechino che da qualche tempo a questa parte ha iniziato a prendere sul serio le relazioni con il piccolo Stato africano.
La collaborazione crescente con Pechino
Risaliva infatti al luglio dello scorso anno l’installazionedella prima base militare permanente all’estero della Cina, proprio nello Stato del Djibouti. Il rapporto di amicizia e collaborazione è poi proseguito spedito con la visita a Pechino, nel novembre del 2017, del Presidente del Djibouti Ismaïl Omar Guelleh. Xi Jinping e il suo omologa avevano così avuto modo di parlare dei progetti infrastrutturali cinesi che rientrano nel “One Belt, One Road” e avevano firmato accordi di cooperazione economica, tecnica e agricola.
La base militare, come primo avamposto cinese, sarebbe servita in particolare come “scorta” anti pirateria nel Golfo di Aden, al fine di garantire la piena realizzazione dell’area commerciale. Infine è arrivata da poco un’altra accelerata delle relazioni tra i due Paesi che aumenta notevolmente l’influenza di Pechino sull’area.
Un’area di libero scambio per favorire gli investimenti cinesi
Secondo la CNBC il Djibouti avrebbe dato avvio alla prima fase di costruzione di un’area di libero scambio con la Cina. Si tratta di un progetto che verrà concretizzato da qui nei prossimi dieci anni, con un investimento pari 3,5 miliardi di dollari. La zona permetterebbe così agli investitori cinesi di operare senza il pagamento di tariffe aggiuntive, tasse e quant’altro. Questa “Free trade zone” sarà di esclusivo appannaggio della China’s Merchants Holdings Company, l’azienda statale cinese di trasporti marittimi e ne grantirà così l’assoluta leadership nel settore commerciale della zona.
L’occasione per l’annuncio ufficiale di questo accordo è stato l’Africa-China Economic Forum, dove erano presenti altri leader africani della regione, quali il Presidente dell’Etiopia e il suo omologo ruandese. Ecco che l’iniziativa di un’area di libero scambio potrebbe essere presto imitata dagli altri Stati africani dell’area.
Le mani della Cina su Etiopia, Eritrea e Ruanda
Lo scorso febbraio venivano sottoscritti importanti accordi di cooperazione proprio tra la Cina e il Ruanda, mentre più osservatori si dichiarano concordi nel definire l’Etiopia un’enorme fabbrica di fast fashion gestita direttamente da Pechino. Sempre nella stessa regione, anche l’Eritrea è tra gli obiettivi della Cina e qualche mese fa l’ambasciatore cinese nel Paese aveva affermato “l’importanza strategica dell’Eritrea come parte del progetto marittimo della “Silk Road”. I porti eritrei si trovano infatti proprio lungo quella stessa strada che porta al Canale di Suez. L’eliminazione delle barriere commerciali in Africa orientale diventa quindi fondamentale per ottimizzare gli investimenti di Pechino nel suo faraonico progetto.