Quanto energica sarà l’azione della Banca centrale europea sui mercati finanziari in risposta all’emergenza coronavirus dopo l’annuncio che il piano da 750 miliardi di euro deciso dall’Eurotower non avrà i limiti che erano stati imposti al quantitative easing di Mario Draghi? Parliamo di un intervento energico, che scongiura la possibilità di un’attivazione del famigerato Meccanismo europeo di stabilità, oppure bisogna ritenere, come l’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti, che Francoforte stia solo “comprando tempo”? Giocando di rimessa in attesa di sviluppi politici a lungo raggio?

La partita è delicata e vede nuovamente aprirsi lo scontro tra i falchi del rigore e dell’austerità, nella rinnovata versione di convertiti temporanei alla risposta emergenziale alla crisi, e Paesi più aperti sul fronte di un intervento non convenzionale nell’economia europea. Il voto di sei Paesi, guidati da Germania e Olanda, contro l’ipotesi di un piano di salvataggio ha favorito il pasticcio iniziale di Christine Lagarde, che col suo rifiuto di dichiarare una di armonizzazione tra gli spread ha causato giorni di devastante incertezza sui mercati. Frase infelice, quella della Lagarde, oltre che operativamente falsa, a cui ha fatto seguito una correzione di rotta ora sostanziata nel superamento di quattro limiti nel piano di acquisti di titoli pubblici e obbligazioni nell’Eurozona:

  • La Bce non avrà il vincolo dell’anno come durata residua minima dei titoli da acquistare: tale soglia è abbassata a 70 giorni.
  • Per ogni emissione, la Bce potrà acquistare più del 33% dei titoli fissato inizialmente come soglia massima.
  • Per ogni Paese, Francoforte potrà ora sfondare il limite del 33% di debito pubblico come soglia di controllo del debito.
  • Cade, infine, la base di ripartizione negli acquisti (capital key) che impegna la Bce ad acquistare, mensilmente, proporzionalmente al volume di ogni economia. Per l’Italia tale percentuale è pari all’11,8% della manovra della Bce.

La discrezionalità dell’intervento della Bce risulta in questo modo enormemente aumentata. Se il Qe targato Mario Draghi aveva nell’ordine e nella gradualità la sua Stella Polare, ora la Lagarde rende enormemente più flessibile un piano di acquisti imponente: da qui a fine anno, ai 750 miliardi del piano emergenziale anti-pandemia vanno aggiunti i 20 miliardi al mese del nuovo Qe e i 120 miliardi deliberati a inizio marzo. Una massa di manovra da 1.070 miliardi di euro, la cui fluidità è stata decisa, principalmente, per evitare lo scontento dei rigoristi del Nord, che avranno di conseguenza un potere di scrutinio estremamente ampliato.

Il piano lanciato dalla Lagarde dovrà ben presto affrontare, infatti, una sfida di ampia importanza: l’attraversamento delle Forche Caudine della Corte Costituzionale tedesca, che il 5 maggio si pronuncerà definitivamente sulla compatibilità del quantitative easing dell’era Mario Draghi con i principi fondamentali dello Stato tedesco. Una precedente sentenza del 2016 vincolò il Qe a limiti stringenti in termini di durata e quantità di denaro immesso, con la Corte di Karlsruhe attenta a vigilare soprattutto sul capital key e preoccupata di “favori” concessi da Mario Draghi ai Paesi del Sud Europa. La natura limitata fino alla fine dell’anno del piano di stimolo è stata pensata proprio per evitare di mandare la Bce targata Lagarde a schiantarsi contro un muro tanto spesso.

Tuttavia, non è detto che per i Paesi ritenuti più a rischio i giudici tedeschi chiedano al governo di rilanciare l’ipotesi di vincolare il sostegno Bce a misure fiscali più rigorose: ed è qui che il Mes, bloccato nel recente Consiglio Europeo,potrebbe rientrare dalla finestra. Sta ai governi nazionali agire con politiche di ampio respiro per neutralizzare l’ipotesi del fondo salva-Stati, con relative clausole di austerità, e dare un senso all’azione della Bce: in un certo senso il fatto che con il piano da 750 miliardi la Bce abbia comprato nove, preziosi mesi di respiro per l’Eurozona non è da vedere, in fin dei conti, come un’eventualità negativa.