Sono ore cruciali per il futuro dell’Unione europea. L’istituzioni sovranazionale di Bruxelles sta infatti affrontando gli effetti della pandemia Covid-19 che sembrano minare alle fondamenta della sua stessa struttura.
I riflettori mediatici sono tutti puntati sulla durissima negoziazione che si sta dilungando in sede del Consiglio europeo. Il nodo del Recovery Fund non è ancora stato sciolto e le posizioni quasi inconciliabili dei Paesi del Nord con i Paesi del Sud sembrano aver portato la trattativa ad un punto morto. Il Recovery Fund non è però l’unico punto irrisolto all’interno dell’Unione.
Cos’è successo all’ultimo vertice della Bce
I media stanno infatti trascurando un’altra questione divenuta fondamentale per la sopravvivenza di Bruxelles: il ruolo della Banca Centrale europea. Si è tenuto infatti nel corso della scorsa settimana l’ultima riunione del vertice della Bce prima della pausa estiva e quello che ne è uscito potrebbe rappresentare un’ulteriore crepa all’interno dell’Ue.
Per bocca della sua presidente Christine Lagarde l’istituzione di Francoforte ha infatti confermato il PEPP (Pandemic Emergency Purchase Programme), ovvero il programma straordinario di acquisto di titoli di Stato dei Paesi dell’eurozona per monetizzare il debito e facilitare l’uscita dalla crisi economica dovuta al Covid-19. In totale si prevede l’acquisto sul mercato secondario di circa 1350 miliardi di euro di titoli fino al 2021. Non solo.
La Bce sembra aver giocato ulteriormente al rialzo, lasciando intendere che, in caso di aggravamento della situazione, non verrà posto alcun limite temporale al programma. Anche i tassi di interesse rimarranno invariati.
Il conflitto tra la Bce e la Corte Costituzionale tedesca
Tale decisione non può però essere letta come una semplice conferma di quanto fatto fino ad ora. Perché dall’inizio della pandema ad oggi si è verificato uno strappo che, forse, sarà difficile ricucire. Si tratta della sentenza della corte tedesca di Karlsruhe dello scorso 5 maggio. Con quella decisione la corte costituzionale della Germania ha sancito come parzialmente illegittimo il programma Quantitative easing posto in essere dalla Bce dal 2015. In particolare, i giudici tedeschi contestano gli effetti del programma sul bilancio pubblico tedesco e sul risparmio, che sarebbe stato penalizzato dai bassi tassi d’interesse.
La corte di Karlsruhe ha quindi posto un ultimatum alla Bce di tre mesi per interrompere l’acquisto dei titoli previsto dal programma, vendere quelli già acquistati e fornire una documentazione atta a dimostrare il cambiamento. La scadenza è stata fissata al 5 agosto. Alla luce di questo, l’ultima riunione della Bce assume un significato completamente diverso. Non si è infatti trattato di una semplice e scontata riconferma dell’azione di Francoforte.
Karlsruhe e Recovery Fund metteranno fine all’eurozona?
La Bce ha invece lanciato un messaggio forte e chiaro a Berlino: ovvero i nostri vertici non tengono in alcuna considerazione la sentenza di Karlsruhe e il programma di acquisto dei titoli continuerà ad oltranza. Ora, a meno di stravolgimenti imprevisti, la scadenza del 5 agosto è sempre più vicina e verosimilmente la corte tedesca dovrà constatare la mancata risposta da parte di Francoforte.
Resta quindi il dubbio su quello che potrebbe avvenire. Sembra ragionevole credere che la diatriba Karlsruhe-Francoforte vada a braccetto con le parallele negoziazioni sul Recovery Fund. La stessa Christine Lagarde ha infatti più volte posto l’accento sull’importanza fondamentale di un accordo su questo nuovo fondo.
Sarebbe quindi verosimile ritenere che la Germania potrebbe accantonare come un nulla di fatto la sentenza della sua Corte qualora il Consiglio europeo producesse buone notizie. In caso contrario, se nessun accordo fosse trovato o se i negoziati fossero ulteriormente rinviati, non è da escludere che la Germania possa avvalersi della sentenza di Karlsruhe per mettere le basi per la fine dell’eurozona.