La dirigenza kazaka sta lavorando ininterrottamente al conseguimento di un sogno: trasformare Nur-Sultan in un gigante degli affari e delle relazioni internazionali, capitalizzando al massimo le risorse umane e naturali di cui la nazione è ricca. I lavori per la costruzione di un nuovo Kazakistan, autonomo, prospero e indispensabile per il destino dell’Eurasia, hanno avuto inizio nell’immediato dopo-Nazarbaev e stanno procedendo a passo spedito.

Un ruolo pivotale nel processo di modernizzazione sta venendo giocato dal Piano di sviluppo strategico per il 2025, formulato con l’obiettivo di accelerare la conversione del Kazakistan nella centrale elettrica dell’Asia centrale e permettere il raggiungimento di uno status di potenza considerevole entro la fine del decennio.

Il piano, in che cosa consiste?

Il piano di sviluppo strategico per il 2025 è da inquadrare all’interno del più ampio contesto di “Kazakistan 2030”, la visione per il futuro della nazione formulata dall’ex presidente Nursultan Nazarbaev nel lontano 1997 e che sta venendo implementata per tappe, con l’attuazione di programmi d’azione di natura pluriennale.

L’obiettivo di lungo termine è la trasformazione del Kazakistan in uno “stato professionale” in grado di provvedere singolarmente alla propria sicurezza nazionale, di fornire ai propri cittadini condizioni di vita elevate e di attrarre investimenti da tutto il mondo. Poco alla volta, anno dopo anno, la visione di Nazarbaev sta assumendo una forma concreta.

Nell’ambito del capitolo dedicato alla prima metà del 2025 stanno venendo implementate riforme ed iniziative tese, in maniera particolare, a migliorare il clima degli investimenti, ad aumentare la diversificazione dell’economia e a creare un mercato centrato sul contributo delle piccole e medie imprese. Snellimento della burocrazia, incentivi e ricorso a forme innovative di “diagnostica aziendale” dovrebbero contribuire a tutte e le tre cause, e si stima che le piccole e medie imprese possano crescere numericamente di cinque punti percentuali entro il 2025 – aumentando la loro concentrazione nella realtà imprenditoriale nazionale dal 30,8% al 35%.

Ultimo ma non meno importante, un ruolo primario nell’agenda 2025 è giocato dalla questione energetica. La dirigenza kazaka sta lavorando affinché i vasti giacimenti di beni strategici, dal petrolio all’uranio, non pregiudichino negativamente le dinamiche di crescita e sviluppo del Paese a causa dello spettro sempreverde della “maledizione delle risorse”; perciò sono state gettate le basi per la costruzione di un’economia verde “che capitalizzi le ricche risorse idriche, solari ed eoliche” e che entro i prossimi quattro anni sia in grado di soddisfare almeno il 6% del fabbisogno nazionale di energia elettrica.

Rimodulazione del clima di investimenti e snellimenti burocratici stanno servendo il doppio scopo di creare una cultura kazaka della piccola e media impresa e di attrarre l’attenzione dei privati esteri, specialmente nel settore energetico. A quest’ultimo proposito, la cinese Risen Energy sta realizzando un impianto fotovoltaico da quaranta megawatt a Karaganda, mentre nel 2019 la Universal Energy di Shanghai ha inaugurato due maxi-fattorie solari a Zhangiztobe (da trenta megawatt) e Kapshagay (da cento megawatt), e, nello stesso anno, le compagnie tedesche Solarnet e SES Saran hanno ultimato l’edificazione dell’impianto fotovoltaico più grande e potente del Paese, a Saran, con una capacità di cento megawatt e dotato di un sistema protettivo che dovrebbe assicurare una regolare produzione di energia in condizioni climatiche avverse per un periodo di almeno quarant’anni.

I risultati raggiunti

La serietà che sta guidando i passi della dirigenza kazaka si può comprendere attraverso uno sguardo ai numeri che stanno caratterizzando l’agenda 2025. Nei primi otto mesi dell’anno scorso sono stati avviati ventotto progetti industriali in tutto il Paese, per un valore complessivo di 477 milioni e 600mila dollari, grazie ai quali sono stati creati circa 4300 posti di lavoro.

Sono tre le regioni in cui si stanno concentrando principalmente gli investimenti, kazaki e stranieri: Karaganda, Aktobe e Almaty. La prima, alla luce della ricchezza del sottosuolo, è oggetto di interesse da parte delle grandi corporazioni energetiche di una varietà di Paesi, in primis Russia, Cina e Paesi Bassi, e dispone della forza attrattiva necessaria per diventare il motore trainante dell’economia nazionale.

A Karaganda, oltre ai tradizionali impianti per l’estrazione di petrolio e gas, stanno sorgendo fabbriche impegnate in una molteplicità di attività e produzioni, dai pneumatici ai fertilizzanti, che svolgeranno un ruolo determinante nella corsa del Kazakistan verso la grandezza economica. Restando a Karaganda, è qui che, alla vigilia del 2021, è iniziata la costruzione di due maxi-impianti per la costruzione di beni in ferrolega e in sinterizzato da esportare in tutto in pianeta.

Le due strutture avranno una capacità di produzione annuale pari a 57mila tonnellate di ferrolega e 240mila tonnellate di sinterizzato e la loro edificazione è il risultato di un investimento da 87 milioni di dollari da parte della Banca di Sviluppo del Kazakistan e della Qaz Carbony Company. I cantieri daranno lavoro a circa mille persone, mentre gli impianti occuperanno quattrocento dipendenti. La loro peculiarità è che ogni attività sarà basata sull’utilizzo di risorse unicamente locali, ovvero si tratterà di produzioni al 100% Made in Kazakistan, e che i prodotti saranno destinati esclusivamente al mercato estero, in particolare di Stati Uniti, Unione Europea, Giappone e Corea del Sud.