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Dopo aver chiarito alcune problematiche comunicative emerse nelle prime ore della battaglia del Regno Unito contro il coronavirus ed essersi, sostanzialmente, allineato alle misure restrittive del resto d’Europa il governo Johnson alza l’asticella della sfida. E chiede a tutta l’industria britannica compattezza e una ristrutturazione delle linee produttive per produrre i necessari ventilatori polmonari per assistere i pazienti in terapia intensiva.

Il governo va alla guerra assieme al National Health Servicenato nel 1948 come massima manifestzione dell’obiettivo del governo laburista di Clement Attlee di “vincere la pace” grazie al rafforzamento dello Stato sociale. Boris Johnson ha chiesto unità e collaborazione ai leader di sessanta industrie britanniche con cui si è confrontato lunedì in videoconferenza. Nella chiamata, scrive il Financial Times, “Johnson ha chiesto ai leader industriali in che modo potessero riqualificare i loro impianti per produrre materiale medico”. Tra i colossi contattati il quotidiano della City di Londra segnala Jvb, Jaguar, Vauxhall, Honda, Ford e Dyson. I parametri richiesti per i ventilatori polmonari prediligevano, in particolar modo, la componentistica nazionale britannica, in preparazione a una possibile chiusura delle catene logistiche internazionali.

30.000 ventilatori nei prossimi mesi è l’obiettivo fissato dal governo. Un piano ambizioso, che non ha precedenti dai tempi della battaglia d’Inghilterra del 1940, quando Winston Churchill, nel pieno dell’emergenza della sfida della Luftwaffe alla Royal Air Force, affidò a William Max Aitken, primo barone di Beaverbrook, il ruolo di ministro della produzione aeronautica. Lord Beaverbrook organizzò a fini bellici la filiera produttiva dell’industria britannica, impresse la svolta della riconversione di interi reparti all’assemblamento di componenti per i caccia Spitfire, arrivò addirittura a incentivare le donazioni di metallo alla patria da parte dei cittadini inglesi per favorire la disponibilità di materiale.

Sarà una guerra anche per il Regno Unito e, dopo gli inciampi comunicativi dei suoi consiglieri, Johnson non vuole perderla. Soprattutto considerato il fatto che nel programma elettorale conservatore per le ultime elezioni generali spiccava la volontà di rafforzare l’Nhs, aumentarne i fondi, accrescerne le dotazioni. Accettando di invertire la rotta dell’austerità imposta da David Cameron e Theresa May. Il ministro della Salute, Matt Hancock, intervenuto nel weekend sia su Sky News che sulla Bbc, ha detto che la Nhs ha 5.000 ventilatori: la scelta estrema di politica industriale si spiega anche con queste necessità.

Ai raid della Luftwaffe ora si è sostituita l’avanzata silenziosa di un contagio che minaccia soprattutto le fasce più deboli della popolazione e gli anziani. Ai caccia Spitfire i ventilatori polmonari fondamentali per la resistenza dei pazienti debilitati. A Winston Churchill quello che per ora è soltanto il suo biografo. E che dalla risposta all’emergenza avrà un test decisivo sulla sua reale dimensione di leader.

Come potrà sostanziarsi il piano industriale promosso da Londra? Secondo il Financial Times, sarà fondamentale che i gruppi esperti in tecnologia medica forniscano consigli appropriati ai produttori. Potrebbero essere utilizzati gli impianti oggigiorno avanzanti a capacità ridotta per il calo dell’output, come quello della Nissan a Sunderland, dell’Honda a Swindon, della Ford a Bridgend. Ma fonti governative ritengono più funzionali al piano le industrie del settore delle moto, dotati di stabilimenti meno grandi e più facilmente riconvertibili. Il governo dovrà dettare linee guida precise per vincere la battaglia della salute: coinvolgere l’industria significa portare in guerra contro il coronavirus l’intero sistema Paese. Sarà la prima, grande prova di unità nazionale di Londra dopo la Brexit.

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