Nel contesto politico tedesco a meno di due settimane dal voto i sondaggi vedono i socialdemocratici guidati da Olaf Scholz condurre sull’Unione Cdu/Csu della cancelliera Angela Merkel guidata da Amin Laschet e dai Verdi che hanno alla loro testa Annalena Baerbock. Nel complesso i tre partiti raccolgono i due terzi dei consensi nei sondaggi e hanno un programma elettorale che pare concordare su un punto: di tornare alla stagione dell’austerità e del rigore contabile, almeno sul breve periodo, non se ne parla.
Laschet volta le spalle al rigore
Da ultimo Laschet, alle prese con una campagna elettorale costellata di gaffe che stanno spostando l’identikit di erede ideale della Merkel sul socialdemocratico Scholz, attualmente ministro delle Finanze, ha rotto gli indugi andando oltre l’equilibristico tentativo di tenere assieme tutte le ali del suo partito, che racchiude una forte componente rigorista e austeritaria, presentando un programma di governo per i primi cento giorni che amplia la discontinuità inaugurata nell’anno e mezzo della pandemia.
Già a giugno Laschet aveva preannunciato che l’era del più ottuso rigore imposto all’Europa e al Paese sarebbe finita, ma in prospettiva il Sofortprogramm che racchiude le proposte di base delle 139 pagine di programma dell’Unione e ne espande ambizioni e obiettivi impegna Laschet a un’azione decisa in caso di successione alla Merkel. Laschet ora propone di agire laddove la società tedesca è più fragile: rafforzando il welfare depauperato negli ultimi decenni dalla flessibilizzazione del mercato del lavoro (Pacchetto Hartz) e dai tagli alla spesa pubblica, tagliando le tasse ai redditi del ceto medio, incentivando economicamente la transizione energetica per calmierare i prezzi dell’energia. Come sottolinea StartMag, nelle proposte “si va da più soldi per sussidi ai figli e per agevolazioni ai genitori single (queste ultime fino a 5.000 euro) all’incremento fino a 700 euro per i contributi per spese e assistenza ai bisognosi di cure mediche. Aumento “significativo” (ma qui niente cifre) anche per i sussidi abitativi a favore delle famiglie a basso reddito e deduzione dalle tasse fino a 6000 euro per i costi dell’assistenza all’infanzia”.
I piani di Scholz e Baerbock
La grande eredità della Merkel, “regina” dell’austerità nel decennio scorso, potrà forse essere l’istituzionalizzazione di una discontinuità che evolverà il modello di economia sociale di mercato proprio della Germania riportando in campo la spesa pubblica, lo Stato e il coordinamento industriale ed economico? Per una particolare eterogenesi dei fini potrebbe andare proprio così, dato che Laschet segue dopo diverse settimane i suoi avversari per la Cancelleria.
Scholz si è intestato con astuzia la svolta che ha prodotto la rottura della Germania con il rigorismo in risposta alla pandemia e nel suo programma ha voluto mediare tra le varie anime della Spd, unendo le istanze della base di sinistra sempre più pesante nella formazione socialdemocratica al pragmatismo dell’esperienza di governo. La sua visione per una Germania “sociale, digitale e climaticamente neutrale” è a suo modo già stata espressa nel ridotto ma significativo piano tedesco per il Recovery Fund, focalizzato su transizione ecologica, infrastrutture, idrogeno, digitalizzazione, che il suo ministero ha promosso, ma in futuro Scholz, qualora dovesse riportare la Spd alla guida del governo, prevede di fare di più.
Scholz propone investimenti pubblici per rafforzare il sistema sanitario, la fine del tabù dello Schwarze Null (il pareggio di bilancio previsto dalla legge), l’aumento del salario minimo a dodici euro l’ora, in prospettiva investimenti strategici nei trasporti per abbattere i costi dei canoni. Spazio anche al business, ove Scholz punta ad estendere il piano da 12 miliardi di euro avviato dal suo ministero per la svolta tecnologica, promuovendo intelligenza artificiale, sviluppo dei computer quantistici e start-up innovative. Un piano al tempo stesso keynesiano (per la svolta programmatica), laburista (per l’attenzione al welfare dei lavoratori) e moderatamente legato all’economia sociale di mercato, che cerca di essere non ostile al mondo delle imprese ma ad evolvere l’ecosistema interno alla Germania.
Pure iI Verdi di Annalena Baerbock difendono l’idea della discontinuità con la linea del rigore. Nel suo moderatismo e nella volontà di non apparire radicale, la candidata sostiene un patto con il mondo delle imprese per governare la transizione ecologica, ma è al tempo stesso a favore a un accrescimento degli investimenti in welfare e programmi pubblici. Insomma, il consenso trasversale dei tre partiti maggiori è oramai orientato a una chiara risposta alle emergenze. Ma non è detto che la politica della Germania post-Merkel sia anti-rigorista come molti in Europa, Mario Draghi e Emmanuel Macron in testa, sperano.
Il nodo liberali
Il vero partito chiave per la decisione in materia del nuovo governo potrebbe non essere nessuna delle tre formazioni maggiori, ma bensì quello dei Liberali Fdp. La questione è semplice: comporre una maggioranza in senso largo capace di includere al suo interno due dei tre partiti maggiori non garantirebbe la maggioranza assoluta dei seggi allo stato attuale delle cose. E se da un lato è difficile immaginare, nello stato attuale, una riedizione a parti inverse e guida socialdemocratica della Grande Coalizione Spd-Cdu, allargata a Verdi o Fdp, dall’altro è dunque possibile proporre che siano proprio queste due formazioni le maggiormente quotate per un ingresso al governo a fianco di uno dei due partiti maggiori.
Ma in questo contesto come potrà Fdp sostenere un’agenda politica connessa a un diniego pressoché esplicito dei principi liberali, austeritari e rigoristi su cui si fonda la sua visione per la Germania e l’Europa? Un risultato positivo del partito liberale, dato oltre la doppia cifra, può annacquare i piani ambiziosi delle formazioni maggiori. E dunque la presenza o l’assenza di questa formazione dal governo può fare la differenza sulla fattibilità dell’agenda di discontinuità che i leader propongono e, in prospettiva, influenzare l’intera discussione europea sul Patto di Stabilità.
In teoria ad avere una carta in più potrebbero essere i socialdemocratici, che non hanno chiuso a un’estensione della coalizione di governo alla sinistra radicale della Linke, che a sua volta ritiene però troppo moderata l’agenda di Spd e Verdi e si è espressa in forma molto critica sul candidato cancelliere Scholz. Il rebus appare intricato e, per quanto dominante nei partiti maggioritari, la volontà di una rottura politica con le leggi del rigore deve ancora fare molta strada prima di diventare sistema.