L’onda lunga della crisi energetica, la stretta Bce sui tassi, l’inflazione ancora non rientrata, le minacce di nuove destrutturazioni delle catene del valore, le disuguaglianze crescenti e, dulcis in fundo, la precipua minaccia di una guerra economica americana: la recessione è ancora un rischio per l’Europa e il 2023, come scrivevamo, è l’anno da guardare con attenzione.
L’inflazione complessiva della zona euro, comprendente i maggiori Paesi dell’Unione Europea, si è posizionata in leggera riduzione al 9,2% su base annua nello scorso mese di dicembre, segnando per il secondo mese consecutivo un calo dal massimale di ottobre del 10,7%, ma è ben oltre il 2% fissato come target dalla Banca centrale europea. L’onda lunga continuerà a minacciare la stabilità e i risparmi degli europei.
Crescita azzerata in Europa
I dati parlano di una crescita nominale che può essere azzerata in termini reali. “Lo shock dei prezzi dell’energia e la domanda repressa di alcuni servizi”, nota StartMag, “hanno provocato un’impennata dell’inflazione e i salari hanno faticato a tenere il passo”. A questo bisogna aggiungere la percepita fragilità dell’industria europea negli scenari decisivi per l’economia globale, dai chip alla transizione energetica, su cui si può abbattere la scure della nuova politica industriale a stelle e strisce. Di conseguenza, “i salari delle famiglie dell’eurozona si stanno riducendo al ritmo più rapido mai registrato” in termini reali. Erodendo anche il cuscinetto di risparmio costruito durante la pandemia.
A questo si aggiunge un problema strutturale che riguarda l’intera economia europea e che può essere l’avvisaglia di una nuova crisi capace di colpire la finanza e a cascata l’economia reale: la questione del mercato immobiliare. Bloomberg ha sottolineato che il contesto di generale aumento globale dei tassi sta creando sul suolo europeo i presagi di una tempesta perfetta: il livello di mutui e asset immobiliari a rischio di mancato realizzo o svalutazione è pari a 175 miliardi di dollari.
Su scala continentale i prezzi delle case sono aumentati di quasi il 40% tra il 2010 e il 2021, spinti dall’ascesa del “debitalismo”, il capitalismo finanziarizzato fondato sul denaro facile delle banche centrali e dell’accumulo di rendite legate, spesso, agli investimenti immobiliari. Il riflusso della marea di espansione monetaria sta già portando con sé la prima risacca: in Portogallo la bolla immobiliare alimentata dai nomadi digitali inizia a sgonfiarsi e in Svezia da marzo a oggi gli asset immobiliari si sono svalutati del 15% dopo l’inizio dei primi default sui mutui. Ai più attenti questo scenario ricorderà quello americano del 2007-2008, e non è un caso.
Il mattone
L’intreccio tra finanza e real estate inizia a rischiare di scaricarsi sull’economia reale. “I fondi immobiliari nell’Eurozona hanno raggiunto mille miliardi di euro l’anno scorso, rispetto ai 350 miliardi di euro del 2010”, nota Investigate Europe. “Il volume degli acquisti di abitazioni effettuati dagli investitori istituzionali ha superato i 64 miliardi di euro nel 2020” e da Parigi a Atene, da Milano a Madrid sono aumentate le città in cui il costo della vita è trascinato dall’immobiliare in cerca di realizzazione per i suoi valori.
Uno schianto nel mercato immobiliare nel 2023 è dato da diversi analisti come possibile e anche diverse fonti finanziarie milanesi sentite da InsideOver che lavorano ai dossier hanno indicato nella “fame” di realizzazione dei capitali immobilizzati un incentivo a una ricerca costante della rendita che può chiaramente ritorcersi contro gli operatori.
In tutto questo, chiaramente, la Bce con le sue scelte non aiuta. Il rialzo dei tassi mette sotto pressione i mutui e, in prospettiva, l’immobiliare. In Regno Unito la crisi del mercato dei mutui è conclamata, negli Stati Uniti inizia a porsi il problema della ritirata dal mercato di attori di peso come Wells Fargo. In Europa si è creata una nuova normalità che spinge verso l’alto il mercato dei mutui per le fasce più alte di reddito e rischia di escludere la classe media.
La nuova normativa europea sulla casa e la transizione green non aiuta, in quest’ottica, e va rilevato il fatto che l’Europa sia divisa su questo fronte, tanto che perfino la Bce ha posto rilievi sulla congruità della norma sull’efficienza energetica in un’ottica di sostenibilità del mercato immobiliare.
In tutto questo, resta il tema dell’indipendenza energetica e delle priorità da dare al mercato della transizione. Altro crocevia decisivo che può fare capolino in questa discussione come “elefante nella stanza”, nodo irrisolto dopo il 2022 del distacco dalla Russia e dell’emergenza. A cui può seguire un 2023 in cui si può constatare tutta la durezza di una crisi economica fatta di nubi nere accumulatesi, una dopo l’altra, nell’ultimo biennio. E che ormai non sono più ignorabili.