Milano potrà ospitare il Tribunale dei Brevetti Europeo nei prossimi anni? In vista del completamento del processo per la sua approvazione, la Unified Patent Court (Upc) delineata da 25 Paesi dell’Unione europea nel 2013 (tutti tranne Spagna, Croazia e Polonia) appare come l’organizzazione internazionale al tempo stesso più prossima al completamento ufficiale e la cui operatività appare, al tempo stesso, più remota. Ma in Europa cresce la sensazione che, dopo la Brexit, il 2021 potrebbe essere l’anno decisivo per l’entrata in vigore dell’Accordo istitutivo del Tribunale unificato dei brevetti e di conseguenza del brevetto unitario europeo.
L’idea del brevetto unitario è nata allo scopo di ottenere un unico titolo valido all’interno di tutti i paesi che partecipano all’iniziativa uniformando i diritti di proprietà intellettuale e sfruttamento industriale delle invenzioni nello spazio d’interesse dell’Upc. Il brevetto europeo “unitario” sarà gestito, sia per la sua amministrazione che in caso di controversie in tema di validità o contraffazione, come un diritto unico e territorialmente inscindibile.
Il trattato di attuazione dell’Upc è attualmente frenato dal fatto che sulla ratifica della Germania, uno dei tre membri obbligatoriamente chiamati a attivarne le clausole assieme a Francia e Regno Unito, pende la spada di Damocle degli immancabili ricorsi alla Corte costituzionale di Karlsruhe, che nel febbraio 2020 ha sospeso gli effetti del voto favorevole al trattato del Bundestag. Un nuovo voto favorevole, a dicembre, è oggi ostacolato dalla minaccia di un secondo ricorso ad opera della Foundation for a Free Information Infrastructure (Ffii).
L’impasse tedesca e l’uscita britannica dal trattato, avvenuta il 20 luglio scorso, cambia notevolmente le carte in tavola per quanto riguarda l’Italia. Oggigiorno vera e propria seconda potenza per taglia politica ed economica dopo la Francia tra quelle che hanno dato il proprio assenso all’istituzione dell’Upc, approvata tra settembre e ottobre 2016 nei due rami del Parlamento.
L’uscita britannica, in particolar modo, apre la strada perché Milano, centro d’irradiazione dell’economia italiana e principale campo di produzione di innovazioni, brevetti e di competenze giurisprudenziali sui diritti di proprietà intellettuale nel Paese, possa sostituirsi a Londra nell’ottenere le sedi del tribunale assegnate inizialmente alla City. Secondo il trattato Upc, il sistema del Tribunale europeo dei brevetti dovrebbe avere due sedi principali, Parigi e Lussemburgo. La capitale francese ospiterà la divisione centrale e la sede principale del Tribunale di primo grado; a Lussemburgo avranno sede la Corte d’Appello, di composizione multinazionale come il tribunale di primo grado, e il registro dell’Upc.
Milano può rientrare in gioco, in particolare, sul fronte delle articolazioni locali della divisione centrale: il trattato istitutivo, all’Articolo 7, sottolinea che “la divisione centrale ha la propria sede a Parigi, con sezioni a Londra e a Monaco”. Ebbene, l’Italia dopo la Brexit avrebbe interesse a promuovere una riscrittura dell’accordo che vada in direzione della sostituzione di Londra con Milano.
Una sostituzione che, secondo Agenda Digitale, sarebbe addirittura esplicitamente prevista dal trattato istitutivo dell’Upc: “secondo l’interpretazione maggioritaria dell’articolo 89 dell’Accordo, la divisione centrale di Londra deve essere riassegnata allo stato che, escludendo il Regno Unito, risulta avere il maggior numero di brevetti europei in vigore nel 2012 dopo la Germania e la Francia: come confermato da uno studio del Parlamento europeo datato marzo 2020, l’Italia è al quarto posto“. E nessuna altra città del Paese oltre al capoluogo lombardo sarebbe eleggibile per un ruolo di questo livello. Ma come sappiamo bene, in Europa contano più i rapporti di forza e i buoni uffici politici che la lettera dei trattati. E sul fronte della negoziazione politica attiva, Roma più volte si è fatta prendere d’infilata quando in gioco c’erano importanti accordi per la sede di agenzie europee. Lo “schiaffo” subito dal governo Gentiloni nella procedura di assegnazione della nuova sede dell’Agenzia medica europea (Ema), la cui rilevanza è apparsa palese in tempo di pandemia, risale al 2017 ed è ancora viva nelle nostre menti.
Un errore del genere non può essere ripetuto ora che una città come Milano si propone, anche in vista della ripartenza post-Covid, come il punto di riferimento degli interessi economici nazionali e come la porta dell’Italia sull’Europa e il mondo. La concorrenza da vincere, in questo caso, è nuovamente nordica: in lizza per sostituire Londra ci sarebbero infatti due Paesi membri della “Nuova Lega Anseatica”, Danimarca e Paesi Bassi, non paghi di aver già strappato a Roma l’Ema.
Fabrizio Cecchetti, vice capogruppo della Lega alla Camera dei Deputati e coordinatore della Lega Lombarda, ha recentemente comunicato di aver costantemente sott’occhio il dossier Upc e elogiato il fatto che il governo Draghi, grazie all’intervento del titolare leghista dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti, ” abbia ripreso in mano questa partita che Milano deve giocare e vincere”, complice la possibilità che l’assegnazione del Tribunale a Milano porti “centinaia di milioni l’anno di indotto” al capoluogo.
Cecchetti rivendica di aver da tempo pensato alla questione: “- Nel marzo del 2012 Matteo Salvini, allora parlamentare europeo, e il sottoscritto, allora presidente della Commissione Bilancio della Regione Lombardia, avevamo presentato una proposta, rivolta al Governo Monti e al ministro degli Esteri, Moavero, per la candidatura di Milano ad ospitare la sede del Tribunale Europeo dei Brevetti di Londra nel caso si fosse realizzata la Brexit”. Il capoluogo lombardo da solo registra quasi un quarto (24%) dei brevetti italiani e, nota Cecchetti, la sede ideale sarebbe già stata individuata in un palazzo di Via San Barnaba, vicino agli uffici del tribunale meneghino, a metà strada tra i due campus dell’Università Statale di Milano (Via Festa del Perdono e Via Santa Sofia), a due passi dal centro città e ben collegata con i mezzi pubblici al tessuto urbano. Un’ipotesi alternativa era stata promossa ad agosto 2020 dall’amministratore delegato di Arexpo, Igor De Biasio, che ha messo a disposizione uno spazio di Mind, il distretto dell’innovazione e della ricerca che sta sorgendo sul milione di metri quadrati di Expo a Rho.
Il Carroccio è particolarmente attivo nel promuovere la causa dell’Upc, dato che l’iniziativa di Cecchetti è stata ripresa anche dal viceministro delle Infrastrutture Alessandro Morelli, che si aspetta dal governo “una presa di posizione forte a sostegno del lavoro del governo per una scelta naturale per la sede del Tribunale”. In campo anche Regione Lombardia: l’assessore all’Istruzione e all’Innovazione Fabrizio Sala, di Forza Italia, ha annunciato che la giunta Fontana presenterà un piano da 20 milioni di euro per garantire contributi a fondo perduto volti a accelerare lo sviluppo tecnologico e l’innovazione nel cuore dell’economia italiana, la creazione di start-up ad alta intensità tecnologica e, in prospettiva, la competitività internazionale di Milano. Città che, ora più che mai, si trova di fronte a una nuova possibilità di esposizione internazionale che il governo e le autorità locali devono promuovere nell’interesse del sistema-Paese. Ora più che mai posto di fronte alla necessità di ancorare l’Italia ai grandi assi su cui si decide la competitività economica su scala globale.