La sfida tecnologica globale tra Usa e Cina è una lotta per la supremazia in un mondo connotato dall’innovazione di frontiera, da nuovi dispositivi di interconnessione e gestione dei dati destinati a rivoluzionare sul lungo periodo i processi economico-finanziari, gli standard securitari e la programmazione strategica. L’importanza del 5G, della tecnologia blockchain e dell’IoT è oramai nota anche a livello divulgativo. Ma il braccio di ferro è deciso, e interessa anche le sfide di prospettiva. Ovvero Cina e Usa puntano a giocare d’anticipo per meglio posizionarsi in un’innovazione ancora più avveniristica. Compresa quella per la tecnologia forse più rivoluzionaria di tutte: il computer quantistico.
Per dare un’idea delle potenzialità aperte dal computer quantistico è doveroso partire da un fatto di cronaca recente: nella giornata di venerdì 19 ottobre sul blog di Google è apparso per pochi minuti, per poi venire rimosso all’improvviso, un documento di rilevanza capitale. In esso si attestava che un processore quantistico sviluppato da Google avrebbe risolto in circa tre minuti un calcolo che il Summit di Ibm, ritenuto il dispositivo informatico più potente al mondo, avrebbe potuto risolvere in non meno di 10mila anni. Un’indiscrezione? Eccesso di ottimismo? Non è dato saperlo, al momento, ma nel caso la voce risultasse confermata da Mountain View le prospettive aperte sarebbero sconfinate.
Cos’è un computer quantistico
Formalmente un computer quantistico è la piattaforma di riferimento (hardware) per implementare gli algoritmi di quantuum deep Learning, che racchiude le versioni quantistiche dell’intelligenza artificiale che si sono affermate in questi anni. Tali algoritmi consentono di passare dal processare l’informazione attraverso una sequenza di 0 e 1 (bit) a una nuova modalità che sfrutta le proprietà quantistiche e d’onda delle particelle, come teorizzato dal celebre premio Nobel Richard Feynmann. Lo sfruttamento delle proprietà d’onda, in altre parole, consente di lavorare a livello di un singolo qubit e di rompere i limiti imposti dalla legge di Moore che garantisce un limite fisico alla miniaturizzazione dei processori tradizionali. La potenza di calcolo risulta in questo modo amplificata, come ben esemplificato da Il Sole 24 Ore: “Immaginate di avere un numero specifico da cercare in quell’elenco telefonico. Un computer classico che utilizza transistor cercherà ogni riga della rubrica telefonica, fino a quando non trova e restituisce la corrispondenza. Un computer quantistico può cercare istantaneamente in tutta la rubrica, valutando ogni riga simultaneamente e restituendo il risultato molto più velocemente di un computer tradizionale”.
Amplifichiamo questo esempio a campi ben più complessi. Alle transazioni finanziarie, ad esempio, o alla comunicazione tra centrali produttive in un impianto industriale. O ancora alle telecomunicazioni tra reparti militari schierati in parti diverse del globo. Chi resterà indietro nella corsa allo sviluppo di device tanto progrediti sul lungo periodo potrebbe pagare dazio. I qubit consentirebbero di creare una vera e propria “fortezza” artificiale sui dati di una potenza, garantendone la sicurezza da ogni attacco cyber oggi immaginabile, dai singoli hacker ai ransomware.
Solo Stati Uniti e Cina hanno oggigiorno la forza economica, l’apparato tecnico e industriale e la volontà politica di impegnarsi in una corsa destinata a assorbire decine di miliardi di dollari e durare decine di anni. Gli esperti della materia ritengono che un computer quantistico pienamente stabile, fondato su qubit capaci di resistere alla tradizionale precarietà dei circuiti-vettori miniaturizzati allo stato quantistico, possa entrare in funzione prima di cinque-dieci anni. E se fino a poco tempo fa a condurre la corsa era la Cina, forte dei lavori della University of Science and Technology of China di Shanghai ed Hefei, di un team che come ricordava Federico Giuliani conta 130 dipendenti e centinaia di milioni di dollari di fondi e di investimenti pubblici e corporate (Alibaba) per dieci miliardi circa, la mossa di Google, gigante del tech perfettamente organico al sistema di potere Usa, cambierebbe le carte in tavola. Portando Washington a condurre la gara di lungo periodo in una fase di sofferenza sul campo del breve termine, come dimostra la vicenda Huawei. Il qubit si prospetta come un cambio di paradigma di portata epocale, ed è tutt’altro che una suggestione del futuro: anzi, forse sarebbe meglio dire che molto spesso il futuro è il prodotto delle suggestioni e delle scelte concrete da esse stimolate nelle potenze del presente. E per gli Usa, l’idea di ribaltare nel lungo periodo un contesto tecnologico ora sfavorevole potrebbe significare un ulteriore rafforzamento nella volontà di conseguire la supremazia quantistica.