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Quando parliamo di auto, in ambito europeo è quasi scontato fare qualche riferimento alla Germania, un Paese da tutti considerato campione per eccellenza per la produzione delle quattro ruote. Mercedes, Bmw, Audi, Porsche: i brand tedeschi sono da sempre sinonimo di qualità e, fatto salvo qualche recente scivolone, continuano a scaldare i cuori di una nutrita clientela sparsa un po’ in tutto il mondo. Oltre che per la qualità delle auto tradizionali, Berlino è stata elogiata per aver puntato sui veicoli elettrici. Quest’anno la Germania ha infatti superato la Norvegia per numero di Ev, cioè electric vehicles, immatricolati nell’ultimo anno: dal gennaio al novembre scorsi il mercato tedesco ha registrato 57.533 Ev mentre la Oslo, nello stesso lasso di tempo, si è fermata a 56.893 esemplari venduti. Come se non bastasse, Berlino è pronta a giocare di sponda con Parigi per piazzarsi in prima fila per la creazione di un consorzio europeo incaricato di produrre batterie elettriche. Insomma, ci sono ingredienti in quantità per ottenere un piatto delizioso. Ma è davvero tutto rose e fiori?

Situazione critica

Assolutamente no. Iniziamo a sfatare i tanti miti sulla Germania riguardo il settore auto. Intanto dobbiamo subito sottolineare che l’industria automobilistica tedesca sta vivendo un momento complicatissimo, e il futuro non si preannuncia certo migliore. La conferma arriva da Daimler e Volkswagen, due gruppi tedeschi che per la loro storia non meritano presentazioni. I rispettivi proprietari hanno annunciato che da qui a quando Berlino completerà la transizione dai motori a combustione ai veicoli elettrici, il Paese dovrà fare i conti con la perdita di oltre 20.000 posti di lavoro all’interno del settore delle quattro ruote. Le previsioni tedesche preannunciano tempesta. C’è chi parla di “sconvolgimento di vasta portata”, come il direttore generale della citata Volkswagen, Herbert Diess – la cui azienda sta cercando in tutti i modi di reinventarsi come leader mondiale delle auto a batteria – e chi, come varie società di consulenza, tra cui Bain & Co, sostiene che nessun gruppo “sopravviverà nella forma in cui esiste oggi”. In ogni caso Berlino ha già messo le mani avanti: pochi mesi fa, la cancelliera Angela Merkel è volata in Cina per elemosinare migliori condizioni di mercato oltre la muraglia per le auto tedesche.

La trappola dell’elettrico

L’analisi del Financial Times mette a nudo il settore auto, ovvero il punto cardine attorno al quale si è sviluppato il miracolo economico della Germania. Secondo alcune stime l’industria automobilistica tedesca, che impiega 830 mila persone, sarà costretta a investire 40 miliardi di euro in tecnologie alimentate a batteria nell’arco dei prossimi tre anni. Non è finita qui, perché veri e propri giganti tedeschi delle quattro ruote, tra cui Daimler e Audi, ma anche fornitori come Continental e Bosch, hanno annunciato che quest’anno andranno in fumo la bellezza di 50 mila posti di lavoro (compresi quelli a rischio).

Le cause di una simile debacle sono molteplici: alcune sono esterne (dalla guerra dei dazi Usa-Cina alla Brexit) altre interne (le misure di austerity e una politica economica stantia). Il risultato è che il rallentamento dell’economia, sia tedesca che globale, ha spinto i produttori a rivedere le proiezioni di vendita al ribasso. Per uscire dall’impasse e per strizzare l’occhio con la moda del momento, molte case automobilistiche tedesche si sono tuffate sulla tecnologia elettrica, abbandonando, o meglio alienando, i tanti clienti esistenti ancora “affezionati” al motore tradizionale. Incorrendo, probabilmente, nell’ennesimo errore che contribuirà a sgonfiarle ulteriormente.

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