Germania e Francia si stanno rendendo protagoniste di iniziative politiche di matrice strategica per contrastare con decisione la crisi economica da coronavirus. Berlino, addirittura, ha rottamato il pareggio di bilancio, guardando all’orizzonte del 2024 e mettendo sul campo, per il 2020 e 2021, 314 miliardi di euro di spesa in deficit: 218 nell’anno in corso, 96 nel prossimo. Una cifra monstre, fondata su una serie di programmi di medio e lungo periodo e sul rilancio strategico degli investimenti.
Anche sul fronte francese, l’obiettivo è il rilancio della capacità degli Stati di spendere pesantemente in deficit. Clément Beaume, ministro degli Affari europei di Emmanuel Macron, ha emblematicamente dichiarato: “Dopo il Covid, non possiamo immaginare di attuare lo stesso patto di stabilità e crescita del passato, patto sospeso dall’Ue a causa della pandemia. Quando la crisi sarà finita, avremo livelli di deficit, ma ancora di più livelli di debito, che saranno molto diversi dal mondo che abbiamo vissuto alcuni anni fa in tutta Europa. Abbiamo bisogno di regole di bilancio? Certamente. Dovremo rivederle? Certamente”. Le “regole” su deficit e indebitamento sono state sospese dalla Commissione di Ursula von der Leyen per tutto il 2020 e con ogni probabilità lo saranno anche nel 2021. Ciononostante, tra i big europei c’è un Paese la cui manovra di bilancio sarà, una volta di più, guardata con attenzione dai leader di Bruxelles: l’Italia.
Perché Roma rischia ancora di finire sotto la mannaia della Commissione? In questo caso, lo scrutinio speciale va attribuito al fatto che Roma intende promuovere una parte significativa della sua legge di bilancio attraverso i primi finanziamenti del Recovery Fund. I quali, oltre a non essere garantiti, a dover passare attraverso lo scrutinio della task force guidata da Celine Gauer e ad essere sottoposti al potere di “freno d’emergenza” dei Paesi terzi, sono esplicitamente condizionati all’approvazione di riforme di semplificazione burocratica, giudiziaria, amministrativa richieste da Bruxelles. Giuseppe Conte e Roberto Gualtieri, puntando a aggiungere spazio alla manovra finanziaria per il 2021 con i finanziamenti Ue, hanno di fatto dato il via libera all’attento scrutinio della Commissione.
La presenza di Paolo Gentiloni nell’organico della Commissione con delega agli Affari Economici non garantisce affatto trattamenti di favore. Anzi, Gentiloni è firmatario, assieme a Valdis Dombrovskis, super-falco del rigore, di una lettera al duo Conte-Gualtieri in cui si ribadisce che la Commissione europea monitorerà con attenzione “la qualità delle misure di bilancio prese e pianificate per attutire l’impatto della crisi, sostenere la ripresa e rafforzare la resilienza, tenendo conto della sostenibilità di bilancio”. Una lettera che può sembrare ricalcata dai messaggi mandati da Bruxelles a Roma in occasione della battaglia sulla legge di bilancio del 2018 (col senno di poi, tanto rumore per nulla) o dagli ammonimenti lanciati al neo-costituito governo giallorosso nel 2019 sul deficit, ma che in una fase emergenziale stona con l’atteggiamento del resto d’Europa.
Questo testimonia come dare ai fondi del Recovery Plan uno spazio eccessivo rispetto alle autonome strategie nazionali, che essi dovrebbero sostenere ma non sostituire, si può rivelare un’arma a doppio taglio per la questione delle condizionalità. Germania e Francia hanno, con risorse proprie, dribblato le regole, ma per Roma queste continueranno a valere perché è stato il governo italiano a scegliere di mettersi in questa situazione, prima non puntando abbastanza sul deficit, poi mettendo in campo misure deboli e scoordinate, infine guardando ai fondi Ue come a una panacea piuttosto che a una sfida da vincere. Oltre al danno, la beffa: scegliamo consapevolmente noi di continuare a far valere “regole” e scrutini comunitari che dovrebbero oramai esser dimenticati.