Nell’Europa economica si prepara una svolta importante che potrebbe coinvolgere tutti i Paesi membri. La commissione von der Leyen sta infatti studiando le modalità di sviluppo di un “safe asset” paneuropeo. Un titolo comune (denominato in Euro) che preservi valore anche e soprattutto durante shock economici negativi.
In prospettiva di tale svolta, la Commissione e la Banca centrale europea stanno iniziando a perimetrare l’area di ciò che, internamente all’Unione, possa essere definito o meno “safe asset”, garanzia di valore contro le buriane dell’economia globale. In un recente paper della Bce intitolato “I fondamentali dei safe assets” i tre economisti Maurizio Michael Habib, Livio Stracca e Fabrizio Venditti hanno indicato, dopo aver passato in rassegna Paesi avanzati ed emergenti e le loro dinamiche nell’ultimo trentennio, i fondamentali da loro ritenuti prioritari.
Essi in un’economia avanzata comprendono, nota Il Sole 24 Ore, “il rischio politico, inteso come affidabilità delle istituzioni emittenti, e le dimensioni del debito pubblico e del Pil”. Nei Paesi emergenti, invece, “l comportamento di un «safe asset» dipende più dalla performance passata come titolo sicuro, dalla crescita del Pil reale e dalla sostenibilità in termini di bilancia dei pagamenti”.
Questa elencazione aiuta, di fatto, ad avviare la transizione senza mettere a repentaglio lo status quo. Consolidatosi attorno alla definizione di un perimetro ristretto di asset ritenuti sicuri dagli investitori e che, di questo passo, fungeranno da base di partenza o modello per le autorità regolatrici.
Tra questi non possono mancare titoli come il Bund tedesco, il Tresuary statunitense o i titoli di Stato svizzeri. La discussione circa il safe asset europeo si orienta verso la Stella Polare dell’Unione, ancora gravitante attorno a Berlino. E fa ritornare in campo l’idea di come esso dovrebbe concretamente strutturarsi. Sul terreno rimane la proposta dei Sovreign bond-backed securities (Sbbs), formalmente titoli aventi come garanzia un paniere di obbligazioni statali. Il rendimento degli Sbbs corrisponderebbe, in questo caso, al rendimento aggregati dei titoli di debito pubblico dell’Eurozona, ma sarebbe contraddistinto da modalità e tempistiche diverse di pagamento.
Il safe asset europeo in questo contesto minaccia la posizione dei titoli pubblici di Paesi come l’Italia, che si troverebbero a metà del guado: penalizzate dalle regole stringenti di cui il paper Bce sembra indicare la rotta; di rilevanza secondaria nel paniere continentale; sottoposto a un giudizio asimmetrico da parte di mercati indotti a operare su un terreno volutamente inclinato. A guadagnarci come detto sarebbero quei Paesi, come la Germania, a debito pubblico più basso che si sono trovati di fronte a problemi di liquidabilità delle loro obbligazioni sovrane proprio per il graduale declino dei loro rendimenti.
Ad agosto Christopher Jeffery, Fixed Income Strategist di Legal & General Investment Management, era arrivato provocatoriamente ad affermare che il titolo di Stato tedesco sarebbe stato gradualmente espulso dai mercati per la sua scarsa appetibilità legata ai rendimenti gradualmente declinanti. Il governo della cancelliera Angela Merkel avrebbe dunque un guadagno dalla decisione europea di avviare il passaggio a titoli paneuropei, nei paletti inizialmente fissati dalla Bce. Su questa partita di grande importanza il commissario agli Affari Economici scelto dall’Italia, l’ex premier Paolo Gentiloni, avrà la sua prima prova-chiave. Saprà affrontarla ricordandosi, come pragmaticamente fanno generalmente i commissari europei oltre ogni retorica neutralista, del suo Paese d’origine?