Siamo stati abituati, negli ultimi anni, a vedere il governo francese di Emmanuel Macron alzare i muri contro scalate straniere ad aziende ritenute strategiche nell’economia nazionale: dal caso del rallentamento, tramutatosi in blocco de facto, dell’incorporazione dei cantieri navali di Saint Nazaire (ex Stx) nel gruppo Fincantieri al recente stop alla scalata della canadese Couche-Tarde a Carrefuor imposto in nome della “sovranità alimentare” Parigi ha gradualmente ampliato il perimetro dei settori ritenuti degni di una protezione politica. Simmetrico e di fatto simile a quello delle aree in cui, fuori dai confini nazionali, il capitalismo transalpino punta a espandersi.
Raramente però il “protezionismo” francese si era spinto fino all’intervento diretto in operazioni compiute tra gruppi economici nazionali. Ma di recente si è creato un precedente in tal senso: a inizio febbraio l’Eliseo ha espresso parere contrario all’acquisizione di Suez, società specializzata nella gestione del ciclo idrico e dei rifiuti, da parte di Veolia, sua concorrente e prima azienda al mondo del comparto.
Quest’ultima, azienda da quasi 30 miliardi di euro di fatturato, in autunno ha lanciato un’Opa (offerta pubblica d’acquisto) sulle azioni di Suez Environment (in cui dal 2015 è incorporata Suez Eau, la ex Lyonnaise des eaux che nel gruppo gestisce il ciclo idrico), sua concorrente diretta, rilevando la quota del 30% detenuta dalla multinazionale energetica Engie come primo passo per scalare l’intero gruppo. Suez ha ritenuto ostile l’Opa di Veolia, desiderosa di creare un “campione mondiale nel campo della transizione ecologica”, e si è invano rivolta a un tribunale per fermare la prima azione di Veolia sul suo capitale. Quando però nelle scorse settimane Veolia ha proposta una nuova Opa per il rimanente 70%, l’Eliseo è intervenuto.
“Il capitalismo francese non può creare una guerra di tutti contro tutti”, ha dichiarato il ministro dell’Economia Bruno Le Maire di fronte alla protesta di Suez per un atto ritenuto fonte di distorsioni della concorrenza e di problematiche per le attivtà economiche di un gruppo che ha avuto i ricavi in calo del 5% nel 2020 (poco sopra i 17 miliardi) e mira a consolidarsi nel 2021. L’antifona è chiara: così come il governo francese interviene per sanare le problematiche create dalle scalate straniere è pronto anche a evitare la formazione di monopoli interni. La presenza del fondo d’investimenti Meridiam alle spalle di Veolia ha spinto il governo ad azioni energiche, facendo pronunciare un parere contrario nei confronti della seconda Opa negli stessi giorni in cui un tribunale nazionale, con un verdetto emesso l’8 febbraio, imponeva lo stop alla scalata.
Assieme a Suez, Veolia si troverebbe a controllare “più di tre quarti del mercato privato dell’acqua in Francia, servendo oltre 33 milioni di persone”, ha sottolineato il ministero dell’Economia, provocando effetti potenzialmente lesivi della concorrenza e creando un pregiudizio al mercato qualora uno scorporo di parte delle attività portasse a un attore non tecnico e non esperto del settore come Meridiam il controllo su parte del mercato. ““Non si tratta di una offerta amichevole”, ha sentenziato Le Maire, mente e bocca di Macron per quanto concerne le politiche industriali e strategiche e la definizione delle rotte dell’economia nazionale.
Julian Waldron, Cfo di Suez, e Philippe Varin, amministratore delegato del gruppo, hanno preso la palla al balzo attaccando Veolia per l’offerta, che valuta 18 dollari all’azione, debito compreso, il gruppo senza considerare alcuna prospettiva sui possibili danni all’attività operativa e ai posti di lavoro di Suez, per farla respingere dal consiglio di amministrazione.
Ora la partita prosegue e la “guerra dell’acqua” si farà sempre più serrata: Veolia non può perfezionare l’acquisizione ostile avendo fallito il blitz, e la presenza dello scrutinio governativo le imporrà, in caso di accordo con Suez, di acquisire solo una parte del business della compagnia rinunciando alla prospettiva di creare un colosso integrato in campo dell’economia circolare e della gestione dei servizi. Il governo francese dimostra, in questo caso, una nuova parte della sua dottrina sul ruolo pubblico nel governo del capitalismo nazionale nell’era pandemica: lo Stato si pone non solo nell’ottica di difensore delle prospettive di espansione o di garante degli asset dei campioni nazionali, ma intende smorzare le fonti di contrasto nell’economia francese prevenendo la formazione di rendite di posizione con la tutela del principio della concorrenza. Non sarebbe positivo per l’interesse nazionale consentire sviluppi problematici in questo campo: e aver portato sul fronte interno il “protezionismo” spinge ancora più in là l’asticella dell’utilizzo strategico della politica economica da parte dell’Eliseo targato Emmanuel Macron.