Finanziariamente l’Italia ha vissuto il 2018, come il resto delle nazioni occidentali, sull’ottovolante, manel contesto reso problematico dall’altalena dello spread e dalle criticità del sistema bancario è da segnalare la novità positiva rappresentata dal private equity.
Con questo termine si intendono le tipologie di investimento di medio-lungo termine con cui degli investitori istituzionali, principalmente fondi, puntano sullo sviluppo di imprese non quotate caratterizzate da ampi margini di crescita.
Se sul lungo periodo, chiaramente, l’obiettivo di tali operazioni è il conseguimento di un guadagno in conto capitale, l’operazione di private equity non si connota esclusivamente come speculazione finanziaria ma si accompagna a un ingresso dell’investitore nella conduzione strategica dell’azienda partecipata, a cui vengono apportate competenze professionali cruciali per il suo sviluppo.
La tipologia più famosa di questo tipo di investimento è il venture capital, che gioca un ruolo di primo piano nel decollo di start-up tecnologiche ad alto tasso di innovazione. Un mercato del private equity dinamico sottolinea la presenza di un tessuto economico che è, alle sua fondamenta, sano. E in questo settore, come detto, l’Italia nel 2018 ha eccelso.
Nell’anno passato, scrive Wall Street Italia, “gli investimenti hanno sfiorato i 10 miliardi di eurodi investimenti con un incremento del 15% nel numero delle operazioni.Gli investimenti sono quasi raddoppiati rispetto al 2017 e per il 66% arrivano da operatori internazionali, si legge nella nota consegnata in occasione del convegno annuale dell’Aifi, l’associazione italiana del settore. Stando all’analisi, ci sono state 13 larghe e mega operazioni con equity versato superiore a 150 milioni”.
Private equity a tutta velocità
In termini di segmenti su cui investire, i beni servizi e i servizi industriali hanno attirato il 21,7% degli investimenti, seguiti con il 16,3% dai progetti nella tecnologia informatica. Ben più distaccato il numero di operazioni realizzate nel settore manifatturiero alimentare (7,5%) e medicale (7%), che pure ammontano a una quota tutt’altro che indifferente. Il 6,8% degli investitori, invece, ha scelto i servizi per il consumo.
A livello geografico la regione che ha totalizzato la gran parte delle operazioni è la Lombardia, cuore pulsante del sistema finanziario italiano grazie alla presenza di Milano, con il 44% dei contratti conclusi in Italia, seguita da Emilia Romagna (10%) e Veneto (8%). L’asse del Nord-Est, motore industriale d’Italia, accentra su di sé la parte più importante della raccolta.
“Gli operatori del settore sono stati capaci di trasformarsi da attori puramente finanziari a soggetti con una visione industriale”, ha spiegato Innocenzo Cipolletta, presidente di Aifi. A Cipolletta ha fatto eco Francesco Giordano, partner di Pwc: “il 2018 è stato caratterizzato da alcune grandi operazioni effettuate da grandi player internazionali, in particolare nel settore infrastrutture. Pur escludendo queste importanti operazioni, il mercato ha registrato una crescita del 16% anno su anno passando da 3340 a 3863 milioni di euro”.
Il caso United Ventures
Tra i principali player italiani del private equity si sottolinea il ruolo giocato dal dinamico United Ventures, società giovane, fondata nel 2013, ma già estremamente attiva: “United Ventures gestisce complessivamente 180 milioni di euro raccolti da investitori istituzionali italiani ed internazionali e ad oggi ha investito in oltre 20 società tecnologiche early stage. Con il suo primo fondo ‘Uv1’, United Ventures ha investito in aziende come Moneyfarm, Cloud4WI, Musixmatch, Faceit, Loop AI e Mainstreaming e tra i suoi anchor investor ci sono investitori istituzionali come il Fondo Italiano d’Investimento, l’European Investment Fund, Banca Mediolanum, Banca Sella Holding, Banco Bpm e Fondazione di Sardegna”, scrive Il Sole 24 Ore. Tra i Paesi stranieri che hanno operato con maggiore dinamicità nel Paese, si sottolineano Stati Uniti, Francia e Cina, non a caso protagonisti della partita a scacchi per la penetrazione industriale nel Paese.
Le scelte di Cpd e del Mise
E anche sul fronte istituzionale sono in corso grandi manovre. Se il private equity rappresenta una grande opportunità per l’economia nazionale, altrettanto si può dire di due ambiziose scelte che potrebbero produrre ricadute di ampia portata. Da un lato, la scelta dell’Ad di Cassa Depositi e Prestiti, Fabrizio Palermo, di collaborare con 60mila aziende e Pmi, il triplo di quelle coinvolte attualmente nelle attività di Cdp, nei prossimi tre anni; dall’altro, la presentazione del Fondo Nazionale Innovazione da parte del Ministero dello Sviluppo Economico di Luigi Di Maio.
“Di partenza mettiamo un miliardo, ma con gli sgravi fiscali puntiamo a raggiungere due miliardi”, ha dichiarato Di Maio a Torino il 4 marzo scorso. “Bisogna che tutto il sistema lavori insieme per far lavorare i venture capital italiani e attrarre quelli stranieri”. E in questo contesto Cdp potrebbe svolgere un ruolo di regia fondamentale.