Nella giornata di venerdì è stata rilevata in India la prima morte riconducibile al Covid-19, aggiungendo Nuova Delhi alla lista di Paesi colpiti dalla pandemia. Nonostante si tratti solamente del primo decesso, la politica indiana è già in fibrillazione per gli effetti che l’epidemia potrebbe avere sulla popolazione e sull’economia. In forte espansione ma quanto mai fragili, le potenzialità produttive dell’India rischierebbero infatti di subire un rapido arresto a causa dell’ampia diffusione che il contagio di Coronavirus potrebbe avere nella popolazione, portando al collasso delle strutture sanitarie e imponendo il blocco alle imprese.

Il vero problema dell’India

Non è un segreto di stato il fatto che gran parte della popolazione indiana si trovi ad affrontare gravi carenze igieniche che potrebbero contribuire al diffondersi delle epidemie, oltre ad incidere sull’alto tasso di mortalità giovanile del Paese. Inoltre, le stesse abitudini di parte della popolazione unite alla mancanza di accesso ad acqua potabile sono un ulteriore complicazione della situazione, esponendo l’India a gravi ripercussioni sul proprio apparato economico e sociale.

Le stesse fabbriche – all’interno delle quali i lavoratori operano a ritmi estenuanti in ambienti talvolta malsani – si potrebbero rivelare focolaio di epidemia di Covid-19, mettendo fuori gioco interi reparti delle aziende. E con un sistema che nel corso degli anni non è ancora stato in grado di compiere i necessari passi in avanti per migliorare la condizione dei lavoratori, le ripercussioni potrebbero divenire particolarmente evidenti proprio nel corso di questo 2020.

Se si bloccano le fabbriche l’India è distrutta

Avendo fondato la quasi totalità delle proprie entrate sulla grande capillarità di impianti produttivi competitivi grazie ai bassi costi di produzioni, un arresto delle attività produttive significherebbe un gravissimo problema per il Paese che – con anche il turismo di fatto azzerato – si troverebbe privo di entrate compensative. E in questo tetro scenario, l’India rischia una brusca frenata che, se protratta nel tempo, potrebbe metterla fuori gioco dalla scena produttiva mondiale, con i clienti che si rivolgerebbero a mercati alternativi in grado di garantire le produzioni.

In una condizione nella quale lo stop momentaneo delle fabbriche potrebbe tradursi con una loro chiusura definitiva, appare chiaro come il ceto operaio del Paese si troverebbe almeno parzialmente sulla strada: creando problemi anche per quanto riguarda la domanda primaria interna. Innescando in questo modo una crisi di riflesso anche su quei comparti che non lavorano principalmente col commercio estero, l’arresto produttivo diventerebbe endemico e destinato a ripercuotersi sull’intera comunità indiana.

Crisi e proteste: Modi adesso inizia a tremare

A causa del piano di riforme ultranazionaliste, il presidente dell’India Narendra Modi adesso teme che una crisi economica possa essere la goccia che farà esplodere la popolazione del Paese. Già in rotta con le minoranze – soprattutto musulmana – il rischio di perdere il favore anche della popolazione indù si tradurrebbe con un tracollo dei consensi che potrebbe accendere ulteriori e nuove proteste contro la sua persona ed il governo di Nuova Delhi.

Aggiungere un ulteriore problema al già complicato panorama indiano significherebbe in questo momento esporre il Paese al rischio di perdere la propria competitività internazionale, oltre a destabilizzare ancora di più il panorama sociale interno. Il tutto, senza nemmeno sapere se il sistema sanitario dell’India sarà in grado di far fronte alla pandemia che sta mettendo a dura prova i sistemi sanitari di mezzo Mondo. E questi fattori, ultimamente, hanno reso le notti di Modi sempre più insonni.

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