Il 4 agosto, gli uffici dell’Associazione bancaria tedesca (l’equivalente dell’italiana ABI) di Francoforte sono stati perquisiti dalla polizia, alla ricerca di informazioni riguardanti una serie di casi di evasione fiscale riferiti a molte banche ed istituti finanziari tedeschi. In modo particolare, la ricerca delle forze dell’ordine si è incentrata sulle eventuali implicazioni della stessa associazione di categoria all’interno della pratica fraudolenta, poiché – stando alle accuse – nulla sarebbe stato possibile senza il suo supporto. Tuttavia, la stessa Bdb si è detta disposta a collaborare con gli inquirenti, col fine di fare chiarezza con una vicenda cui effetti sono di fatto terminati nel 2012, a seguito dell’introduzione di una legge più ferrea sul pagamento dei dividendi.

Lo scandalo dei dividendi

Utilizzata ampiamente in Germania a cavallo dei due secoli, la pratica della celere e molteplice compravendita di titoli a cavallo del pagamento dei dividendi ha causato alla Germania perdite fiscali per svariati miliardi di euro. In parole povere, essa consisteva nello scambio tra i vari istituti di credito di quelle azioni che stavano per pagare il compenso agli azionisti – mischiate insieme a quelle della stessa società che invece non davano diritto alla cedola – al fine di disorientare i controllori statali e poter in questo modo evadere il fisco federale. Permesso sin dalla riunificazione della Germania e non bandito nonostante una riforma del 2007, la pratica è divenuta di fatto obsoleta dopo una riforma normativa del 2012, che ha messo la parola fine al gioco messo in atto dalle banche tedesche.

Tuttavia, ancora a quasi 10 anni di distanza dalla chiusura della stagione in cui ciò era illecito ma nella pratica permesso, oltre 800 persone sono iscritte nel registro degli indagati per evasione fiscale. E tra questi, compaiono i nomi dei più grandi dirigenti della banche tedesche e di molti facoltosi privati della Germania. In uno scenario che, ancora una volta, porta alla luce le mille ombre nel sistema dei controlli di Berlino.

Non c’era interesse a cambiare la normativa

Come riportato dalla testata tedesca Der Spiegel, il fatto che per molti anni la politica sorvolò sulla pratica era dovuto al fatto che non ci fosse un particolare interesse da parte dei partiti che li spingesse ad intervenire sulla questione. Molto probabilmente – ma rimane una supposizione e motivo principale della perquisizione della sede della Bdb – poiché si sarebbero verificati episodi di corruzione all’interno della politica da parte degli stessi istituti di credito – o direttamente dall’associazione di categoria. In questo modo, le banche della Germania si sarebbero “garantite” la possibilità di continuare ad operare in questo modo, a discapito del Fisco federale e conseguentemente dei contribuenti. In uno scenario che sembra spingersi di conseguentemente molto oltre alla “semplice” infrazione amministrativa.

Di conseguenza, appare chiaro come il settore bancario tedesco sia stato per anni in grado di influenzare le scelte normative della Germania, divenendo de facto uno degli interpellati chiave in sessione di stesura legislativa. E in questo modo, risulta evidente come le banche tedesche abbiano avuto per anni la facoltà di dettare legge in Germania e decidere che cosa andasse implementato e che cosa invece andasse accantonato.

Dopo la denuncia fatta dall’opposizione dei Verdi, qualcosa però adesso sembra essersi mosso nei confronti di questi scheletro del passato: divenuti però così attuali a causa delle nuove instabilità del comparto bancario e finanziario di Berlino. Adesso, le indagini degli inquirenti dovranno fare luce sull’accaduto, sperando di giungere a distanza di oltre otto anni alla conclusione di una vicenda che gettò e continua a gettare un’enorme macchia sul volto del sistema economico tedesco. In uno scenario che, mai come adesso, necessiterebbe invece di una componente di affidabilità aggiuntiva.

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