La Russia, tramite la compagnia petrolifera di Stato Rosneft, sta studiando la possibilità di implementare lo sfruttamento dell’Artico attraverso la costituzione di un programma che raggrupperà diversi progetti di estrazione di idrocarburi nelle numerose concessioni di ricerca siti oltre il circolo polare nella zona di esclusività economica di competenza di Mosca.
Il piano potrebbe aumentare la produzione sino ad arrivare a 100 milioni di tonnellate di idrocarburi entro il 2030, come affermato dall’amministratore delegato di Roseneft, Igor Sechin.
Sempre secondo Sechin, la Russia sarà in grado di assicurare un volume di traffico pari a 80 milioni di tonnellate entro il 2024 come da piano stabilito dal Presidente Putin per il rilancio dell’economia russa.
Parallelamente allo sfruttamento degli idrocarburi, che vedrà la partecipazione di diversi investitori occidentali e asiatici interessati al progetto, Mosca sta incentivando la costruzione di infrastrutture nella regione artica e le costruzioni navali per garantire l’efficienza dell’apertura del Passaggio a Nord Est che mette in comunicazione il Mare di Barents con il Mare di Bering, e quindi l’Oceano Atlantico con il Pacifico.
La strategia di Putin per rilanciare l’economia
Il decreto presidenziale, conosciuto anche come “Decreto di maggio”, prevede un investimento totale del valore di 390 miliardi di dollari (pari a 25700 miliardi di rubli) spalmati nei prossimi sei anni ed in particolare 8mila miliardi di rubli saranno spesi entro il 2024 in infrastrutture e in ammortizzatori sociali.
La grossa fetta di questi investimenti riguarderà infrastrutture non legate all’industria energetica che comunque beneficerà di un importante finanziamento proprio per attuare il piano di Roseneft.
La stragrande maggioranza di questi fondi arriverà dal bilancio federale e regionale (per 18mila miliardi di rubli) mentre 4900 miliardi arriveranno da generiche “fonti extra bilancio” e nella fattispecie proprio da investitori stranieri.
L’Artico, infatti, rappresenta l‘ultima frontiera per l’estrazione delle risorse convenzionali di idrocarburi (gas, petrolio e idrati) e grazie ai cambiamenti climatici il loro sfruttamento è diventato economicamente conveniente nonostante il prezzo del petrolio sia stabile intorno al 60/70 dollari al barile. La perforazione in condizioni ambientali estreme come quelle che si hanno in quella remota regione del globo costringe a particolari e dispendiosi accorgimenti per proteggere personale, infrastrutture e mezzi dal gelo, aumentando così il costo di estrazione. Ora, grazie al riscaldamento globale, non solo è possibile effettuare campagne di prospezione e attività estrattiva in aree di mare prima perennemente occupate dalla banchisa, ma è anche possibile aprire linee di navigazione, e quindi di commercio delle risorse, un tempo impensabili.
L’aumento di produzione degli idrocarburi artici da parte della Russia è stato confermato anche da un report della britannica Bp, che prevede un incremento del 10% entro il 2040 raggiungendo la quantità di 12,5 milioni di barili al giorno. In particolare per quanto riguarda la produzione di gas naturale, la principale risorsa dell’Artico, questa aumenterà di 216 miliardi di metri cubi segnando un più 34% raggiungendo la cifra di 851 miliardi.
Non solo gas e petrolio per l’Artico russo
L’incremento dell’attività estrattiva non sarà però l’unica mossa per sfruttare l’Artico di competenza della Russia. Come vi abbiamo già anticipato il Presidente Putin, nel suo “Decreto di maggio”, ha previsto investimenti infrastrutturali che andranno a ricadere anche sull’attività cantieristica nel Grande Nord e non solo. Come riportato da Izvestija il cantiere Zvedza nel Territorio di Primorsky farà la sua parte per sviluppare la rotta artica con la costruzione di ben 25 navi per Roseneft, tra cui un rompighiaccio di nuova generazione, che andranno a servire la tratta tra Vladivostok e Murmansk.
Oltre a queste anche l’altro colosso energetico russo, Gazprom, ha sotto contratto con Zvedza la costruzione di cinque navi ed altre cinque per la società Rosmorport. Parallelamente alle costruzioni navali la Russia ha stanziato fondi consistenti per la formazione professionale di specialisti nel campo cantieristico – in particolare saldatori – e dell’industria petrolifera.
Roseneft sarà la società leader nello sviluppo della Rotta del Grande Nord, come viene chiamata in Russia, come ha dichiarato, sempre a Izvestija, Rustam Tankaev, membro del comitato per la strategia energetica e lo sviluppo del complesso carburanti ed energia della Camera di commercio e industria russa.
“L’azienda ha non solo una potente base di risorse nella zona artica e una potente base produttiva, ma applica attivamente anche moderne tecnologie informatiche nello sviluppo dei campi petroliferi settentrionali che consentono di ridurre significativamente i costi operativi” sono state le parole di Tankaev.
La Russia quindi si propone prepotentemente come attore protagonista nello sfruttamento della vasta regione artica, condivisa con altre nazioni come Stati Uniti, Canada, Norvegia, Islanda, Danimarca, e questo ambizioso progetto si pone nel solco della strategia di Putin volta a “nazionalizzare” l’Artico di competenza russa, come già abbiamo avuto modo di vedere lo scorso anno in occasione del decreto sulle rotte artiche, che prevede che solo navi battenti bandiera russa possano sfruttare le linee di navigazione della Rotta del Grande Nord per trasportare idrocarburi.