Joe Biden e la sua squadra di governo lavorano alacremente in vista dell’insediamento del prossimo 20 gennaio, che porrà fine alla più complessa fase di transizione della storia delle elezioni presidenziali statunitensi, e si stanno concentrando sui dossier più importanti. Tra questi, a destare particolare attenzione è l’economia.

In vista dell’avvicendamento alla Casa Bianca con Donald Trumpinfatti, lo staff del presidente sta lavorando a una delle prime azioni esecutive che arriveranno per la discussione al Congresso, un maxi-piano di aiuti economici dal valore di 1,9 trilioni di dollari. Quasi 2mila miliardi, insomma, per risollevare un’economia portata nella tempesta dall’insorgenza del Covid-19 e dal blocco degli scambi internazionali, con una fase critica che ha avuto il suo picco nel secondo trimestre, in cui gli Usa hanno sfondato il -30% di contrazione del Pil, a cui é seguita una fase di “rimbalzo” aiutata dal decollo delle borse e dei mercati finanziari, sempre più slegati dall’economia reale. A dicembre l’economia è tornata in affanno, i posti di lavoro sono calati di 140mila unità, le nuove domande settimanali di sussidi per i senza lavoro sono state quasi un milione, aumentate di 181mila a 965mila, +25% invece per i sussidi di sostegno alla gig economy. Lo spettro di una catastrofe occupazionale in caso di continua espansione del Covid-19 è tutt’altro che fugato.

Nancy Pelosi alla Camera e Chuck Schumer al Senato sono pronti a lavorare per trasformare in leggi effettive le proposte del presidente-eletto, puntando a compattare le maggioranze democratiche nei due rami del Congrsso; nel Partito Democratico Usa sta crescendo la sensazione che puntare su temi concreti dell’agenda sia la migliore risposta per evitare che a dominare l’attenzione siano i temi connessi alla problematica seconda procedura di impeachment di Trump e all’onda lunga delle proteste dell’Epifania. Un errore che la Pelosi ha assecondato e che può condizionare in profondità i primi cento giorni dell’amministrazione, importanti non solo sul piano pratico ma anche su quello simbolico, perchè è dall’impatto iniziale che una presidenza segna il tono che la contraddistinguerà negli anni a venire.

Un mese fa il Congresso ha approvato un piano di aiuti da 900 miliardi di dollari; tra la primavera e l’autunno, complice il sostegno continuo della Fed, erano arrivati piani dal valore complessivo di 3 trilioni; ora Biden vuole immettere nell’economia, in un colpo solo, quasi 2 trilioni per sviluppare misure di trasferimento diretto di risorse ai cittadini (helicopter money), sostenere governi locali e autoritàmunicipali, rilanciare la produzione interna di dispositivi biomedicali, rafforzare il sistema sanitario e ospedaliero.

Nel pacchetto, inoltre, ci sono nuovi assegni alle famiglie, rafforzamenti dei sussidi di disoccupazione e più generosi crediti d’imposta. Un’agenda variegata e complessa che sarà sicuramente aperta a negoziazioni bipartisan con i repubblicani al Senato, dato che le agende politiche dell’amministrazione Biden troveranno d’ora in avanti due scogli: da un lato la sinistra incarnata dall’indipendente pro-dem Bernie Sanders, dall’altra la ristretta ma strategica pattuglia di democratici eletti in Stati tradizionalmente repubblicani, che dunque devono mediare tra la vocazione progressista del partito e il radicamento conservatore dei loro territori. Simbolo di questa anima dem é Joe Machin III, senatore della Virginia Occidentale, ma anche i due esponenti dell’Arizona, Mark Kelly e Kyrsten Sinema, vanno tenuti d’occhio.

Per Biden un progetto che spera possa avere fondamentali possibilità di accordo bipartisan sarà dunque un’azione “pilota” per saggiare la capacità del suo partito di tradurre in azione piani consistenti e ambiziosi. In vista dello sdoganamento della parte più corposa della sua agenda, che connoterà nei mesi a venire la Bidenomics vera e propria: una somma di progetti che, un report di Moody’s, potranno mobilitare fino a 7,3 trilioni di dollari di investimenti in infrastrutture, energia rinnovabile, spesa sanitaria, assistenza sociale e piani per il consolidamento della produzione interna nei settori strategici e ad alto tasso di innovazione. Che puntano a rendere l’amministrazione Biden l’artefice delle politiche più espansive dai tempi del New Deal di Franklin Delano Roosevelt.

Ma prima di pensare ai grandi progetti strategici c’è una battaglia tattica da vincere: quella per evitare che la barca dell’economia americana continui a allagarsi a causa della marea montante del virus e finisca per capovolgersi. La prima azione economica di Biden, come quella dell’amministrazione Obama in cui era vicepresidente, sarà dunque basata su una risposta anti-crisi. E dalla sua evoluzione valuteremo sia le capacità politiche del nuovo governo che il grado di maturità e la propensione al confronto dei partiti nel nuovo Congresso.