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Angela Merkel rilancia nella risposta alla crisi e il suo governo di coalizione incassa un obiettivo inseguito a lungo nelle ultime settimane: dare il là a un pacchetto di stimolo all’economia capace di andare oltre il primo, fondato sulla garanzia di liquidità a imprese e famiglie e sulle misure emergenziali, e di non provocare una rottura tra il centro Cdu/Csu e la sinistra socialdemocratica della Spd.

La fase più dura della crisi del coronavirus è stata doppiata da Berlino nelle scorse settimane, e ora il governo Merkel può pensare a come affrontare una recessione che si prevede la più dura dal 1945, con un Pil dato in caduta del 6,3%. La dialettica tra le forze di governo ha condotto a un nuovo avanzamento nel percorso di rottamazione dell’austerità, con un pacchetto da 130 miliardi di euro, di cui 120 a carico delle casse federali, che sarà spalmato tra 2020 e 2021.

Analizzando le misure messe in campo dalla Germania si nota un complesso di manovre coerente in sé stesso, che fa della strategicità degli interventi, della loro chiarezza e della loro durata nel tempo i suoi punti di forza. Niente cifre inflazionate per andare incontro alla mania degli annunci, niente promesse di denaro a pioggia non mantenute, ma un equilibrio crescente tra politiche di sostegno alla domanda e di appoggio all’offerta delle imprese.

Circa un sesto del pacchetto, 20 miliardi di euro, sarà garantito per la misura più diretta, la riduzione dell’Iva per il secondo semestre a partire dal primo giorno di luglio. Nel corso della seconda metà dell’anno la Germania assisterà a un calo dell’Iva dall’attuale 19 al 16% e dell’aliquota ridotta dal 7 al 5%, per effetto di una misura messa in campo con l’obiettivo di incentivare la domanda interna. Tale mossa risulta fortemente in grado di incentivare la crescita dei consumi e delle prospettive economiche dei cittadini della fascia reddituale più bassa, dato che l’Iva è un’imposta fortemente regressivain quanto proporzionalmente più incisiva al diminuire dello stipendio di un singolo cittadino.

La Germania ha poi in programma di mettere in campo un forte stimolo al settore dei trasporti e alla sua industria regina, l’automobile. 9 miliardi permetteranno a Lufthansa di restare a galla, 2,5 miliardi saranno garantiti al trasporto pubblico locale e nei prossimi mesi saranno varati incentivi fino a 6mila euro per l’acquisto di autoveicoli. “Alla fine l’ha spuntata l’Spd”, segnala StartMag, “che ha imposto l’obbligo di utilizzare i 6.000 euro di bonus messi a disposizione dallo Stato all’acquisto di auto elettriche. Esclusa dunque la possibilità di estendere gli incentivi alle auto con motori a benzina o diesel, come avrebbero voluto Cdu e Csu”.

Messi da parte, per ora, disegni estremamente ambiziosi come quelli sulla radicale transizione energetica, cari alla Sinistra della Linke, l’esecutivo non è rimasto a guardare sul fronte degli investimenti, accantonando parte dei 50 miliardi di un fondo volto a sostenere il rilancio del Paeseper garantire continuo sostegno ai progetti infrastrutturali in corso e finanziamenti a ricerca e sviluppo sul fronte della digitalizzazione e della ricerca tecnologica.

Saranno sostenute anche le famiglie e i comuni, in sostegno al principio di sussidiarietà caro ai partiti d’ispirazione cristiana, che mira a aumentare il potere negoziale dei singoli nuclei e delle collettività territoriali. Le misure si aggiungono ai precedenti pacchetti che comprendevano, tra le altre cose, 100 miliardi di euro per rilevare quote di imprese in crisi, 50 per garanzie sulla liquidità alle piccole e medie imprese e 10 per la tutela dei disoccupati. Delle misure tedesche si nota la diretta applicabilità e la sostanziale pragmaticità: nella definizione degli obiettivi, una lezione per governi come quello italiano, che per ogni piano economico anti-crisi si esauriscono in logoranti trattative.

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