Lo schianto di Piazza Affari nella seduta odierna sotto l’effetto combinato dell’emergenza coronavirus e del crollo del prezzo del petrolio ha pochi termini di paragone con il recente passato. Il crollo dei futures, la difficoltà di interi comparti della borsa a realizzare un prezzo per entrare in negoziazione e la sfiducia montante in campo politico ed economico lasciano presagire sin dall’apertura una sessione capace di classificarsi tra le peggiori della storia di Piazza Affari.

I mercati finanziari italiani hanno subito il peggior calo nella giornata del 24 giugno 2016, quando gli investitori reagirono col panico alle notizie politiche provenienti dal Regno Unito, i cui cittadini avevano votato per l’uscita dall’Unione Europea: il -12,48% registrato quel giorno resta negli annali come la perdita maggiore in termini percentuali, ma si trattò di uno shock a cui fece seguito una stabilizzazione. Il dato preoccupante è che i numeri riportano un danno peggiore dell’unico scenario possibile su cui raffrontarsi, quello dell’apertura della Grande Recessione del 2008.

Il crollo del Ftse Mib di Milano dell’11,17% (dopo che in giornata si era toccato il -11,6%) batte in gravità i colpi subiti da Piazza Affari dopo l’attentato dell’11 settembre 2001 a New York (-7,47%) e in tre sedute chiave del fatale 2008: il 15 settembre 2008 il mercato europeo subì a contrattazioni aperte la notizia dell’avvio della procedura fallimentare da parte del colosso Lehman Brothers, e a Milano crollarono di oltre il 4% il Mibtel (-4,4%) e l’S&P/Mib (-4,6%). Oggi sono stati bruciati oltre 63,5 miliardi. Soltanto alla fine della scorsa settimana, la capitalizzazione dei titoli raggruppati nell’All Share valeva 592 miliardi e 792 milioni; con il calo di oggi, che per l’indice vale il 10,75%, si scende dunque sotto i 530 miliardi. Prima dell’inizio della brusca correzione dei mercati legata all’epidemia di coronavirus la capitalizzazione era superiore a quota 700 miliardi: il calo è dunque di quasi 180 miliardi in poche sedute. (AGI) Mi1/Pit

Infografica di Alberto Bellotto

Il giorno successivo soffiò un vento meno rovinoso sulla scia della notizia che il governo statunitense e la Fed stavano procedendo a pesanti iniezioni di liquidità per salvare un altro gigante, Aig: le perdite rimasero contenute attorno al 2,5%. Fu solo tre settimane dopo che il colpo fece sentire le sue conseguenze: il 6 ottobre 2008 Piazza Affari perse l’8,24% del suo valore dopo la sospensione di sedici titoli per eccesso di ribasso, e, scrive First Online“le Borse mondiali videro volatilizzarsi quasi 445 miliardi di euro. Erano passate solo tre settimane dal fallimento di Lehman Brothers, ma i mercati avevano iniziato a rendersi conto che la più grande bancarotta della storia mondiale aveva già cominciato a mostrare le sue conseguenze su economia e industria, dando il via alla crisi”. Nei sei mesi successivi otto sessioni con perdite oltre il 5% imposero un duro prezzo al mercato milanese.

Nel caso della sessione odierna parliamo di un risultato che può lasciar presagire un trend simile a quello del 2008. A metà febbraio Piazza Affari aveva brindato al raggiungimento della quotazione di 25.000 punti, il miglior risultato dai tempi dell’anno di inizio della crisi, e per questo l’ordine di grandezza del tonfo è paragonabile anche in termini assoluti.

Come sottolinea l’Agi, “il buon andamento di Piazza Affari di tutto il 2019 e il suo proseguimento nel 2020, fino ai massimi da dieci anni ad oltre 25 mila punti toccati a febbraio, sono stati cancellati in poco più di due settimane. Con l’arrivo dell’epidemia di coronavirus in Italia e con le drastiche misure prese dal governo per frenare i contagi il Ftse Mib è infatti tornato ai livelli di dicembre 2018, quando aveva toccato un minimo di 18.397 punti rispetto ai 18.470 toccati oggi”.

Rispetto al 2008, un fattore di criticità è dato dalla dipendenza delle borse e dei mercati finanziari in generale dalla massa di liquidità garantita dalle banche centrali e dall’inserimento del tonfo borsistico in una crisi di sfiducia dettata non da un crollo nel mercato (allora furono i mutui subprime) ma dal diffondersi di un’epidemia che mette a rischio le fondamenta commerciali e politiche della globalizzazione mentre, al contempo, va in scena uno shock nel mercato delle materie prime.

Una situazione emergenziale che, alla luce dei precedenti storici, ci invita a riflettere sulla sensatezza dello svolgimento delle contrattazioni in una giornata che si prefigurava nera. Il 2008 insegna che sarà il consolidato delle sessioni delle prossime settimane a fare la differenza: in questo caso il crollo, tuttavia, non inaugura ma consolida un trend ribassista che Piazza Affari ha già pagato bruciano 95 miliardi di euro nelle scorse settimane. Tutto questo mentre anche sul lato dei Btp, fino ad ora intonsi, inizia a premere l’effetto flight to quality. Un’azione politica decisa per frenare lo schianto delle borse è ora più che mai necessaria per evitare il proseguimento di quella che appare come la tempesta perfetta contro l’economia e la finanza italiana.