Poco prima del mezzogiorno italiano, una nota dell’agenzia russa Tass diffusa dall’Ansa ha causato un repentino sommovimento mediatico: “Ci sono le condizioni per il default della Russia. A dirlo è il Cremlino”, riporta la versione lanciata dall’Ansa alle 11.32, subito corretta alle ore 11.50: “Non ci sono le condizioni”, rettifica Tass. Errore di battitura o messaggio tra le righe? L’incrocio tra guerra economica e infowar impone di guardare sempre con cautela a mosse del genere. Un’agenzia ben preparata e attenta all’incontro tra forma e sostanza come la Tass, a maggior ragione in un contesto di guerra aperta in Ucraina e guerra economica con l’Occidente, davvero può commettere un errore tanto venale a cuor leggero?
Nella mattinata odierna, non a caso, la guerra economica alla Russia aveva conosciuto un nuovo climax. -Anche Scope Ratings, l’agenzia tedesca, ha tagliato il giudizio sulla Russia a C, nel quadro pieno degli investimenti speculativi e ad alto rischio vedendo “alte probabilità di default‘ a seguito delle misure intraprese dall’Occidente dopo l’invasione dell’Ucraina. Nei giorni scorsi anche le princiapli agenzie di rating occidentali avevano declassato il debito russo e delle società e istituzioni finanziarie del paese a livello spazzatura (junk) e Mosca aveva provveduto a una classica manovra di ristrutturazione: congelare i pagamenti a attori stranieri per evitare fughe di capitali, senza però dichiarare l’impossibilità di rimborsarli, da un lato, decidere per saldare le posizioni aperte in rubli dall’altro. Così facendo Mosca ha sfruttato a suo vantaggio, sotto questo punto di vista la svalutazione del rublo che ha favorito il debitore rispetto ai suoi creditori.
Il problema per il debito pubblico russo sono le obbligazioni sovrane denominate in euro o dollari. Secondo il Financial Times, la Russia ha contratto debiti denominati nelle valute dei Paesi classificati come “ostili” per 49 miliardi di dollari. Questi debiti vanno ad aggiungersi alle cedole del settore privato, che sono complessivamente pari a 200 miliardi di dollari e coinvolgono principalmente attori a partecipazione statale come Gazprom e Rosneft.
Molto più esteso, invece, il debito in obbligazioni delle società russe, che supera 200 miliardi di dollari. Una eventuale insolvenza del Paese coinvolgerebbe inevitabilmente anche i grandi gruppi a partecipazione pubblica, a cominciare da Gazprom e Rosneft.
Quindi l’esclusione di Mosca dal sistema Swift, le controsanzioni della Russia e la corsa alla fuga di capitali da parte degli attori occidentali possono generare una pressione durissima sul Paese. Il default potrebbe essere l’opzione che Mosca potrebbe riservarsi per applicare il ricatto del debitore. “Gli investitori stranieri che detengono i titoli di stato russi per un valore di quasi 3 trilioni di rubli (l’equivalente di 29 miliardi di dollari, dati di inizio febbraio) rischiano così di rimanere a secco e di non percepire le cedole a fronte delle obbligazioni che possiedono”, nota Finanza.com. Anche la direttrice operativa del Fondo monetario internazionale, Kristalina Georgieva, non ha escluso la possibilità di un default della Russia a causa delle sanzioni occidentali imposte al Paese.
“Abbiamo già sentito le dichiarazioni dei nostri capi dei dipartimenti finanziari – il ministero delle Finanze e così via – sulla prontezza e disponibilità del margine di sicurezza necessario per pagare tutti i debiti esterni in rubli. In realtà, non ci sono condizioni per un default come tale, a meno che non siano create e imputate artificialmente a noi”, ha detto oggi Dmitri Peskov, portavoce del Cremlino. Va sottolineata l’asimmetria tra questa mossa e la decisione di congelare il saldo delle obbligazioni denominate in rubli detenute da investitori esteri, così come con la funambolica mossa della governatrice della Banca centrale, costretta a manovre di acrobazia finanziaria per evitare il tracollo del rublo. Il grande gelo andato in scena nell’incontro del 1 marzo scorso tra Putin e Ėlvira Sachipzadovna Nabiullina, governatrice della Banca centrale e “donna dei miracoli” contro le crisi dell’economia russa, a poche ore dal raddoppio dei tassi dal 9,5 al 20% decisa dalla massima istituzione finanziaria di Mosca, ha dato al mondo l’idea della tensione interna al potere russo.
Secondo Jp Morgan il Pil della Russia accuserà un collasso del 35% nel secondo trimestre e il 2022 si chiuderà con una recessione del 7%, paragonabile a quella seguita alle crisi di 1998 e 2008. Qualora l’Occidente dovesse proseguire sulla strada delle sanzioni anche per gas e petrolio, la strada del default sarebbe tracciata. Il giallo della doppia nota della Tass appare dunque in tutta la sua chiarezza: possiamo ipotizzare l’idea di un default “preventivo” della Russia portato attraverso il rifiuto del pagamento del debito con l’estero in caso di blocco del commercio energetico? Lo scenario non è da escludere nel quadro di una guerra economica indiscriminata ormai alle porte. E che potrebbe anche coinvolgere l’alleato economico della Russia ad essa più vicina, la Bielorussia.
Nella giornata di oggi, infatti, Moody’s ha tagliato di ben quattro livelli il rating della Bielorussia, da Ba3 a Ca, ultimo gradino prima del default, con outlook negativo. Secondo Moody’s “un default della Bielorussia è sempre più probabile per via dei timori sull’intenzione del governo di rimborsare i propri debiti e sulle attese che un eventuale supporto finanziario della Russia”, storico puntello di Minsk, “non sarà probabilmente usato a questo scopo”. Non dimentichiamo che un default della Russia non sarebbe da salutare come una vittoria: non ci sono certezze che questo avrà impatto sull’offensiva in Ucraina e, anzi, gli effetti-contagio sarebbero enormi su scala globale. Come ha ricordato il giornalista Alberto Negri, il complessivo debito pubblico di Moscaammonta a 114 miliardi di euro ai cambi attuali del rublo. L’esposizione dell’Italia verso la Russia è, nota Negri, “stimata in 19,1 miliardi di euro: 1,3 miliardi in titoli di stato russo (non molto), 3,4 miliardi verso le banche, 14,1 verso aziende e famiglie”. Più grave l’effetto-contagio atteso su banche, con Unicredit e Intesa tra le più esposte nel Paese, e imprese. E la valanga recessiva può avere portata globale, aumentando inoltre il caos geopolitico. Nel giallo della doppia agenzia Tass, dunque, si può leggere il caos economico che avvolge non solo la Russia ma l’Europa intera.