Russia e Bulgaria sono ai ferri corti a causa del gasdotto Turkstream. Il presidente Vladimir Putin, infatti, ha accusato Sofia di rallentare la costruzione di quei 474 chilometri di infrastruttura che attraverseranno il territorio bulgaro e che sono vitali per l’attivazione della seconda linea del gasdotto diretta verso l’Europa centrale aggiungendo, inoltre, che Mosca potrebbe escludere la Bulgaria dal progetto. Turkstream, quando avrà raggiunto la piena operatività, avrà due ramificazioni, ciascuna con una capacità di 15.75 miliardi di metri cubi di gas naturale: la prima sarà destinata alla Turchia mentre della seconda beneficeranno Bulgaria, Serbia ed Ungheria. Il completamento del gasdotto, unito al Nordstream 2, ha una grande importanza strategica per la Federazione Russa che intende esportare gli idrocarburi verso il Vecchio Continente bypassando l’Ucraina, con cui le relazioni, ormai da molto tempo, non sono buone.
Una questione complessa
Il premier conservatore bulgaro Boyko Borissov ha replicato al presidente Putin affermando che il ritardo nella costruzione è dovuto alla necessità di conformarsi alle regole comunitarie in merito, che l’edificazione sta procedendo a passo spedito e che la Russia, probabilmente, non vede di buon occhio l’appartenenza di Sofia a Nato ed Unione Europea. La Bulgaria, peraltro, aveva siglato, nel mese di settembre, un accordo dal valore di 1,1 miliardi di euro con il consorzio saudita Arkad per la realizzazione di Turkstream.
Le vicende energetiche vanno così ad inserirsi in un contesto più ampio, legato alle influenze strategiche di Mosca e Bruxelles nella regione balcanica ed in Europa Orientale. Il gas russo è una risorsa vitale per una parte delle nazioni del Vecchio Continente ma, al tempo stesso, le relazioni politiche con Mosca non sono eccezionali e la questione ucraina continua a causare frizioni tra le parti. La scelta fatta da Kiev nel 2014 di legarsi sempre di più all’Occidente e di allentare i legami con la Russia non è mai stata accettata da Mosca. Le tensioni tra Mosca e Kiev hanno avuto un riflesso anche sulle politiche energetiche del Cremlino dato che il territorio ucraino è ( o forse è meglio dire era) di vitale importanza per l’esportazione del gas naturale verso l’Europa.
Le prospettive
La costruzione di gasdotti alternativi permetterà a Mosca di ridurre l’influenza dell’Ucraina in ambito energetico accrescendo, al tempo stesso, l’influenza russa in Europa orientale. Una mossa, quest’ultima, che necessita della collaborazione di Bulgaria, Serbia ed Ungheria. Sugli ottimi rapporti di Belgrado e Budapest con il Cremlino ci sono pochi dubbi: la Serbia è il maggiore alleato della Russia nei Balcani mentre il premier ungherese Viktor Orban non ha mai nascosto le sue simpatie per Vladimir Putin e le relazioni tra i due Stati sono ottime. È comunque improbabile che il caso Bulgaria possa far deragliare il progetto Turkstream, anche perché il contratto siglato con Arkad indica la volontà di Sofia di procedere verso la costruzione dell’infrastruttura. Certo bisognerà comunque tenere conto dei tempi con cui il gasdotto verrà realizzato e verificare che ulteriori ritardi non portino ad accresciute tensioni tra le parti con ricadute, poi, tutte da verificare.