La faccia tosta dell’Unione europea e dei partner del Vecchio Continente nei confronti dell’Italia si può dire che non ha limiti. Specialmente quando si tratta di Cina e di Nuova Via della Seta. Bruxelles ha condannato l’Italia, e con essa i vari grandi Stati Ue (in primis Francia e Germania) perché il memorandum fra Roma e Pechino significherebbe una vera e propria breccia della Cina nel cuore dell’Europa. Sarà il testo dell’accordo, ma soprattutto il futuro, a dirci chi avrà ragione. Ma fa sorridere che Francia, Germania e Ue siano quelle più contrarie a questo accordo quando Berlino già controlla la via terrestre della Nuova Via della Seta, l’Olanda ha la Cina nel porto di Rotterdam e la Francia non fa altro che frenare l’intesa fra Pechino e Roma ma poi invita Xi a Parigi prima del summit Ue-Cina del 9 aprile.
La cosa curiosa è che fu la stessa Unione europea ad aprire al governo cinese e al mercato asiatico. Come riportato da La Verità, l’ambasciatore Usa presso l’Unione europea Gordon Sondland ha detto nei giorni scorsi che “nessun Paese europeo potrà ottenere vantaggi a livello commerciale dall’adesione alla Via della seta” accusando Pechino di avere il solo scopo di spaccare l’asse Europa-Usa. Ma se quella di Washington è una strategia chiara, dal momento che ha nella Cina il suo rivale strategico, fa sorridere l’alternanza di Bruxelles, Parigi e Berlino sul fronte cinese. Sorridere fino a un certo punto: perché è chiaro che il gioco è molto più importante. Si tratta di trarre vantaggio dalla spaccatura dell’asse fra Italia e Stati Uniti e di ottenere benefici da una frenata all’intesa fra Italia e Cina. In questo senso, il doppio gioco di Francia e Germania è perfetto.
Emmanuel Macron ha chiesto (anche in maniera dura) a Giuseppe Conte di comportarsi in maniera diversa. Vuole più coordinazione fra Italia e Unione europea sull’affare-Cina. Ma è difficile dare ragione a un presidente che non ha fatto altro che decidere, con Angela Merkel, di unire le diplomazie di Francia e Germania isolando l’Italia. Il fatto che a Parigi, martedì prossimo, si vedranno Macron, Merkel e Xi, insieme a Jean Claude Juncker, è un segale chiarissimo. In pratica, si ricompone al triade che controlla l’Europa. E che vuole parlare con Pechino senza fare i conti con l’italia che pure è la potenza europea che per prima firma un memorandum con il gigante asiatico. E adesso addirittura pensano a uno scudo, uno screening per gli investimenti cinesi, per evitare che i grandi capitali asiatici imperversino senza controllo in Europa.
Protezione sacrosanta, ma che non deve trarre in inganno. Perché questa attenzione per Roma e per Pechino non sembrava essere così netta quando erano Berlino e alleato a farci affari. L’Italia è sotto Regno Unito e Germania per quanto riguarda gli investimenti cinesi nel Paese (e anche di molto), ma è anche sotto la Francia per quanto riguarda la classifica dell’export in territorio cinese. Insomma, l’Italia è quella che ha meno rapporti commerciali e finanziari con Pechino. Eppure è quella che viene attaccata dall’Europa e accusata di essere il “cavallo di Troia” di Pechino.
Come spiega Il Fatto Quotidiano, la Germania “esporta verso la Cina circa 100 miliardi di euro contro i 20 dell’Italia”. E non a caso la Merkel ha avuto parole molto meno dure nei riguardi dell’Italia rispetto al suo alleato Macron. E il motivo è molto semplice. Due anni fa, la Cina ha acquistato il 76% del porto di Zeebrugge, in Belgio, e ha completato tramite Cosco l’acquisizione dell’intero scalo. Un porto fondamentale, tanto che si è aperto il corridoio ferroviario con Trieste per unire il porto dell’Adriatico a quello del Nord. Porto, quello giuliano, non casualmente entrato nel mirino cinese. E il Belgio, insieme ai grandi porti della Germania settentrionale, è molto più vicino al cuore d’Europa rispetto all’Italia.
Nel frattempo, è stato attivato il sistema di connessione fra la città tedesca di Duisburg e quella cinese di Chongqing. La città di 30 milioni di abitanti è uno degli snodi chiave della Cina occidentale, e questo collegamento di fatto unisce la Germania alla Nuova via della Seta terrestre. Un collegamento nato ben prima dell’iniziativa della Belt and Road e che negli anni ha trasformato Duisburg in uno dei principali hub delle merci cinesi in Europa con un viaggio che dura 16 giorni contro i 25-30 giorni via mare. E tutto arriva in Germania.