Tra i settori maggiormente colpiti dalla crisi del coronavirus a livello globale si segnalano, senza ombra di dubbio, quelli relativi al trasporto aereo e alla progettazione e costruzione di velivoli. Un’infografica del Financial Times segnala quanto sia stata pesante la contrazione dei voli e dei traffici globali negli ultimi mesi: il 7 gennaio si sono registrati 39.351 voli nel mondo contro i soli 4.999 di tre mesi dopo. Da gennaio ad aprile il volume di voli si è dunque ridotto dell’87,3% con conseguenze immaginabili sul settore dei trasporti e sulle compagnie aeree.

Ovunque nel mondo i grandi player del settore sono nell’attenzione dei governi, che daranno priorità a loro per dirottare i fondi per il salvataggio dei settori in crisi. Il tracollo dei trasporti trascina, a cascata, quello della manifattura, uno dei settori più complessi e problematici in quanto a investimenti mobilitati, occupazione generata, ampiezza delle catene logistiche e di approvvigionamento di materie prime, semilavorati componenti.

“Industria delle industrie” dell’era globalizzata come lo è stata quella dell’auto ai tempi del sistema fordista-keynesiano, la manifattura aerospaziale sembrava destinata a una fase di crescita prima dell’attuale congiuntura negativa. Dopo aver riassorbito la batosta del fallimento del progetto 737 Max, il colosso statunitense Boeing aveva recentemente provveduto a un accrescimento del personale operativo con 9.000 nuove assunzioni, 2mila in più di quelle messe in campo dalla rivale numero uno europea, Airbus, dal 2016 ad oggi.

La maggiore società di consulenza del settore aerospaziale, Teal Group, ha stimato in un trilione di dollari, oltre la metà del Pil italiano, il valore di un settore industriale che oggigiorno si è completamente arenato dopo che a febbraio le stime parlavano, per i due colossi globali del settore, una domanda complessiva di 40mila aerovelivoli e entrate totali per 7 trilioni di dollari nei prossimi vent’anni. L’industria aerospaziale è in cima alla classifica delle esportazioni manifatturiere europee (94 miliardi di euro), mentre gli Usa possono vantare addirittura 122 miliardi di dollari (112 miliardi di euro) nel solo ramo dell’aviazione civile.

Non è solo il blocco odierno dei voli a mettere a repentaglio questo tesoro: influenze notevoli arriveranno anche dalla crescente vulnerabilità logistica dell’economia globale, dal rallentamento di flussi commerciali e trasporti di persone che diluirà la richiesta di nuovi aeromobili nei prossimi anni, dal gravoso peso dei sussidi statali sulle compagnie in crisi (Boeing ha chiesto al governo federale liquidità per 60 miliardi di dollari).

Lo spaccato del settore aerospaziale insegna a comprendere quali siano le sfide dell’era presente, legate alla necessità di un completo ripensamento delle filiere produttive su scala planetaria e a un superamento dell’incertezza crescente che grava sulle economie del pianeta. Il notevole valore aggiunto di un settore come quello aerospaziale è legato allo sdoganamento di investimenti di lungo periodo senza prospettive certe di ritorno che nel contesto della crisi economico-finanziaria possono venire messi a repentaglio. Del resto il panorama dei settori che la crisi del coronavirus ha reso inoperosi e pressoché azzerato in tutte le economie avanzate è lungo. Costruzioni e trasporti aerei, cantieristica navale, container, shipping oceanico, turismo e settore degli alberghi sono tutti interessati da problemi legati all’esigenza di liquidità, alla carenza di prospettive e all’incertezza sul tempo per la ripresa. Il 2020 sarà un anno disastroso e anche sul prossimo biennio, visto gli effetti dannosi di uno stop tanto brusco, non è ancora tempo di previsioni certe.

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