Lo stato di quarantena che vige nel nostro Paese per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica da Coronavirus, e che è stato allargato a livello nazionale nella giornata di lunedì, non fermerà la produzione dei componenti per i nuovi caccia di quinta generazione F-35 Joint Strike Fighter che vengono sviluppati nelle fabbriche del nord Italia. A dichiararlo è stata ieri la stessa Lockheed Martin, azienda produttrice del “chiacchierato” caccia americano, destinato a diventare la punta di diamante di buona parte delle aeronautiche della Nato e del “blocco” occidentale.

L’epidemia (presto forse pandemia “ufficiale”) da Covid-19, ha innescato misure e contromisure di emergenza in tutti i continenti – sopratutto in Italia che ad oggi, è il secondo paese nel mondo ad aver registrato più contagi (10.149, aggiornamento odierno ore 12.00, Gmt+1) dopo la Cina: focolaio dove si è incubato e trasmesso il virus. Nonostante questo, il Pentagono, che sta monitorando i potenziali impatti sulle sue catene di montaggio e di approvvigionamento dell’industria della Difesa – specialmente quella dell’F-35 “che si basa su una rete globale di fornitori di componenti” – ha assicurato e reso noto che le due strutture industriali italiane di Cameri, provincia di Novara in Piemonte, non si fermeranno, continuando a produrre i loro componenti. Una notizia diametralmente differente da quella che è giunta nei giorni scorsi dal Giappone, che invece ha sospeso la catena di montaggio nelle strutture della Mitsubishi Heavy Industries.

Come riportato da DefenseNews , il vice segretario alla Difesa David Norquist ha dichiarato ieri all’attenzione del Congresso degli Stati Uniti che: “Finora, ci sono state poche interruzioni finora, ma se questa cosa continua e si espande, allora potremmo potenzialmente vedere alcuni problemi”. Contestualmente al sottosegretario alla Difesa per l’acquisizione e il sostegno di Ellen Lord è stato affidato il compito di monitorare e valutare “potenziali problemi” che potrebbero influire sul rapporto industria-difesa. “Fortunatamente non dipendiamo molto da ciò che “esce” dalla Cina a causa del modo in cui è strutturato il Dipartimento della Difesa, ma siamo preoccupati quando si diffonderà ad altri paesi, alleati e partner, e quali sarebbero gli effetti della tecnologia e delle interruzioni della produzione essere ”, ha affermato Norquist. “Ad esempio, esiste una struttura F-35 in Europa, quindi la domanda è:” Questi programmi di produzione restano puntuali?”. Evidentemente in Italia sì, poiché le strutture Leonardo di Cameri, come si evince, non si sono fermate di fronte al Coronavirus, e non lo faranno fino a nuovo ordine. Le limitazioni contenute nel decreto straordinario firmato dal presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte non riguardano infatti il lavoro – anche se le province focolaio stanno in queste ore reclamando la necessità di un’ulteriore stretta per arginare la possibilità di contagio.

Cameri è un nodo chiave della catena di montaggio dei caccia stealth F-35 – una catena integrata a livello globale – dove si assemblano componenti importati quali attuatori posteriori, componenti alari, componenti radio, di illuminazione, pannelli della cabina di pilotaggio e componenti per guerra elettronica che sono destinati agli F-35 in tutto il mondo. “I dipendenti di Lockheed Martin continuano a riferire di lavorare in Italia. Tuttavia, per un’abbondanza di cautela e in coordinamento con i funzionari sanitari locali, ogni dipendente con potenziale esposizione al coronavirus è incaricato di lavorare in remoto e auto-quarantena. La salute e il benessere dei nostri dipendenti e partner è la nostra massima priorità”, ha dichiarato il portavoce di Lockheed Martin, Brett Ashworth. Anche per produrre caccia di ultima generazione, quindi, sono state applicati i moderni approcci di “smart working“, consentendo ai tecnici di svolgere parte del lavoro da casa. Come chi sta scrivendo questo semplice articolo.