Sono mesi difficili da affrontare per il comparto bancario quelli in cui ci stiamo addentrando, nei quali l’impatto della crisi causata dalla pandemia di coronavirus si farà sentire sui consumatori con tutta la sua forza dirompente. Con l’aumento della disoccupazione, la minore capacità di spesa delle famiglie, i diminuiti ricavi delle imprese e soprattutto le difficoltà per i privati di restituire i propri debiti rischiano di cambiare per sempre il volto del mondo bancario così come lo abbiamo conosciuto sino ad adesso. E come sottolineato dal presidente del Consiglio di vigilanza della Banca centrale europea Andrea EnriaIlSole24Ore, a patire questa volta saranno soprattutto i gruppi bancari delle minori dimensioni, che si troveranno di fronte ad una durissima scelta: sopperire sotto le accresciute sofferenze oppure fondersi per dare vita a nuovi gruppi bancari. Quale che sia la strada intrapresa, ad ogni modo, segnerà una profonda linea di demarcazione tra il modo di gestire gli istituti di credito prima e dopo la pandemia; e soprattutto, difficilmente da questo cambiamento ne trarrà qualche vantaggio il consumatore finale.

Si rischia un record di insoluti

Come sottolineato anche per quanto riguarda gli Stati Uniti d’America, anche in Europa la pandemia di coronavirus ha lasciato più di una problematica da risolvere per l’apparato economico, generando una serie di conseguenze assai pericoloso per il comparto bancario. Prima di tutto, per quanto riguarda le linee di credito e gli indebitamenti contratti negli scorsi anni, che per molte famiglie potranno adesso risultare impossibili da restituire a causa delle mutate condizioni occupazionali e dell’erosione dei risparmi nel difficile periodo di confinamento domestico imposto dal lockdown.

I gruppi bancari di grandi dimensioni hanno maggiori possibilità di superare la crisi grazie alle maggiori disponibilità finanziarie e la possibilità di ricorrere con superiore facilità alla cartolarizzazione dei crediti. Le banche del territorio e più in generale quelle con un basso capitale sociale sono invece maggiormente esposte ai rischi, in quanto la mancata restituzione di un grosso finanziamento potrebbe da solo compromettere buona parte della stabilità dell’istituto.  E le maggiori preoccupazioni arrivano al momento dall’ultimo rapporto redatto dal Fondo monetario internazionale, nel quale è stato appunto evidenziato lo spettro del default di massa dei consumatori come ragione principale della crisi del comparto bancario dei prossimi mesi.

Le banche devono essere ridisegnate

Dalla crisi dei debiti sovrani in avanti la Bce ha sempre utilizzato la stessa arma per combattere la stagnazione economica: l’abbassamento del tasso di sconto. Tuttavia, mentre questa procedura permettere di rendere più profittevoli gli investimenti di lungo periodo per i consumatori, riduce all’osso i guadagni che le banche portano in attivo di bilancio a seguito di un finanziamento. Con l’indice Euribor in negativo ormai da anni, sovente è successo nell’Eurozona che molte banche non siano riuscite con gli interessi maturate a coprire le perdite dei finanziamenti non restituiti. E con la crisi che l’Europa si trova a dover affrontare in questo momento, la sensazione è che questa situazione sia destinata purtroppo a peggiorare, generando la rovina non soltanto di una parte del comparto bancario ma anche delle stesse famiglie.

In questo scenario, dunque, è fondamentale per gli organi centrali e per gli stessi istituti bancari un sistema volto a ridisegnare l’attuale panorama bancario ed il modo in cui viene svolto e gestito il lavoro. L’obiettivo, infatti, deve essere identificato nella solidificazione delle basi fondanti, di modo che nei difficili mesi che verranno gli istituti di credito riescano a reggere l’impatto più forte della crisi e possano aprire in seguito la strada alla ripresa economica. Purtroppo e come spesso accade, però, questa manovra potrebbe fondarsi su duri tagli del personale, informatizzazione del lavoro e rincaro dei costi dei servizi sulle spalle dei clienti.

Nuovi rischi per i consumatori?

In questa situazione, però, aleggiano anche preoccupazioni riguardo all’affidabilità degli investimenti finanziari, contrattati in buona parte tramite l’intermediazione di un’istituto di credito o di una finanziaria. In particolar modo, la possibilità che avvenga un incremento delle vendite di strumenti finanziari particolarmente pericolosi (come i Clo, recentemente bollati da Moody’s con outlook negativi) e complicati da comprendere (come i Derivati) non è da sottovalutare. Sostanzialmente, sia perché con il primo strumento è possibile introdurre sul mercato i mutui cartolarizzati, sia perché con i secondi gli istituti di credito godono di ampi margini di guadagno – decisamente superiori alle semplici negoziazioni delle azioni. E in questo modo – in ultima battuta – le instabilità del momento ed i rischi d’impresa bancaria verrebbero “girati” per l’ennesima volta sulle spalle dei correntisti e degli investitori.

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