Angela Merkel ha provato a mettere nell’angolo i falchi più rigoristi dell’Unione Europea cercando una posizione di mediazione in asse con Emmanuel Macron, ma Germania e Francia dovranno sudare ancora prima di incassare il via libera definitivo a qualsiasi forma di Recovery Fund desiderassero sviluppare.

Prima ancora che da Mark Rutteil super-falco olandese dell’austerità, questa volta l’affondo più duro è arrivato da Sebastian Kurzcancelliere austriaco, nuovo “astro nascente” del partito dell’austerity, ostile a impiegare una fetta crescente di risorse comuni per sostenere le economie del resto d’Europa.

La proposta Merkel-Macron di un fondo da 500 miliardi di euro da agganciare al bilancio pluriennale 2021-2027 è in effetti una sfida diretta al partito dell’austerità più spinta.  Troppo, per la Cancelliera che del rigore sui conti è stata la prima promotrice, per mantenere stabile l’Unione e portare alla frattura tra area “nordica” e Europa mediterranea.

Come ricorda l’Huffington Post, nel quadro della proposta di Parigi e Berlino “a Commissione Europea sarebbe infatti autorizzata a finanziare il Recovery Fund prendendo in prestito sui mercati e il rimborso non ricadrà sulle spalle dei Paesi beneficiari, ma su tutti gli Stati membri. Le modalità saranno da definire nel quadro del bilancio Ue 2021-2027.

Il nodo della critica di Kurz, che riflette quella dell’asse degli “austeri” composto dall’Austria e dal nocciolo duro della Nuova lega anseatica (Olanda, Danimarca, Finlandia, Svezia), è sulla qualità delle risorse messe in campo. Per i nordici non si dovrebbe assolutamente parlare di erogazioni ai Paesi in difficoltà sotto forma di erogazioni a fondo perduto o prestiti comuni, ma puntare a prestiti condizionati a una restituzione nel breve o medio periodo a carico dei Paesi beneficiari. “Crediamo sia possibile rilanciare l’economia europea, evitando debiti dell’Ue”, ha detto Kurz al quotidiano Oberoesterreichische Nachrichten riferendosi alla proposta franco-tedesca.

A ben guardare, con l’irrigidimento continuo i rigoristi hanno già ottenuto una sostanziale vittoria sull’utilizzo di risorse comuni da parte dell’Unione, riducendo di due terzi la taglia delle proposte messe in campo. Macroninizialmente, puntava a un piano di 750 miliardi di euro da moltiplicare sui mercati con l’emissione dei coronabond; Paolo Gentiloni e Thierry Breton hanno presentato alla Commissione di Ursula von der Leyen un piano complessivo da 1.500 miliardi di euro; altrettanti valeva la proposta del premier spagnolo Pedro Sanchez di un piano di emissione di titoli a lunghissima scadenza per un fondo comune anti-recessione.

Da questa leva negoziale, i falchi ora puntano a ottenere di più: trasformare il Recovery Fund in una sorta di Meccanismo europeo di stabilità parallelo, rendendo un vero e proprio Vietnam il percorso dei Paesi mediterranei, dalla Grecia all’Italia, per l’ottenimento di strumenti comuni di risposta alla crisi. La loro fedeltà alle regole europee è talmente ostentato da non nascondere il piano di fondo, ovvero il rifiuto di qualsiasi spesa nazionale per risolvere una crisi economica che pensano impatterà principalmente fuori dai loro confini. La realtà è molto più complessa dato che è l’intera Unione a rischiare l’osso del collo in questo contesto: e lo stesso Recovery Fund, in fin dei conti, potrebbe non bastare. Una volta di più si conferma la natura dell’austerità e dell’irrigidimento sui conti come veri nemici dell’Europa e del suo progresso: perfino la Merkel se ne rende conto. Ma il fantasma del rigorismo l’ha evocato lei, per prima, oltre dieci anni fa.

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