L’economia globale si è trovata davanti a una serie di forti fasi di crisi nel corso nell’anno della pandemia. Dallo sdoganamento dello smart working al decollo delle imprese del digitale in borsa a scapito dei settori tradizionali, passando per la ristrutturazione delle catene del valore che sarà necessaria negli anni a venire, la pandemia è stata un vero e proprio Giano Bifronte“, creando in certi contesti “più globalizzazione” (rafforzandone la componente tecnologico-digitale che ne ha imposto una vera e propria accelerazione) e in altri una sorta di de-globalizzazione, livellando i contatti economici tra le nazioni e i flussi commerciali.

Le metropoli sono state modificate nella loro centralità nell’economia, nuove aziende nel contesto della comunicazione a distanza, delle nuove tecnologie, dei servizi sono emerse e interi settori, dal trasporto aereo a quello delle crociere, sono rimasti paralizzati per mesi chiamandogoverni a un massiccio piano di salvataggio pubblico. I cambiamenti radicali sono e saranno strutturali, ma a questo si aggiungono un’ampia gamma di sfide contingenti che accompagneranno le economie più sviluppate della Terra nel prossimo anno e negli anni a venire. Dalla cui risoluzione dipenderà non solo il consolidamento dei cambiamenti in atto o la loro accelerazione ma anche la condotta delle società più avanzate nel prossimo futuro.

Il Sole 24 Ore ha provato a individuare tre linee di tendenze in tal senso. In primo luogo, sarà fondamentale per le economie avanzate trovare, finalmente, una capacità realistica di convivenza col Covid-19 come già sperimentato in Paesi quali Giappone, Corea del Sud e Cina. L’arrivo dei vaccini fa ben sperare per un graduale conseguimento di quella agoganta immunità di gregge contro il Covid-19 che diversi Paesi agognano da tempo, ma non è al contempo garanzia per un “ritorno alla normalità” effettivo. Una pandemia, infatti, non finisce con la guarigione dell’ultimo contagiato, ma davanti al riassorbimento delle sue ferite psicologiche e delle sue conseguenze di lungo termine. Ma quelle domande che, forse precipitosamente, alcuni si erano posti ad aprile sul “costo” della riapertura dopo il lockdown primaverile sono ora più che mai importanti per quanto concerne la costruzione di una realistica alternativa  alla strategia “a fisarmonica” tra aperture e chiusure. I vaccini aiutano, ma servirà anche portare avanti importanti protocolli d’emergenza (come la separazione di fasce orarie per giovani e anziani) per garantire senza esclusività reciproca salute pubblica, tutela dell’economia e continuità delle nostre attività sociali.

In secondo luogo, nota Il Sole, servirà “i governi devono adottare misure ora (modernizzazione delle infrastrutture, investimenti nell’economia green, riqualificazione e riconversione del personale e la riforma fiscale) per contrastare le crescenti pressioni a lungo termine sulla crescita potenzia”. Guardando un programma così ambizioso verrebbe da citare il generale de Gaulle: vaste programme! Però, le tracce indicate sono tutt’altro che sbagliate e si possono sintetizzare nella ricerca di un nuovo paradigma di governo dell’economia da parte del settore pubblico capace di superare i tradizionali paradigmi dello Stato “imprenditore” o “innovatore” e di portare avanti uno Stato “stratega” capace di governare il cambiamento della società in rapporto alle esigenze imposte dai nuovi paradigmi.

Infine, servirà gradualmente gestire il decoupling tra economia reale finanza speculativa. Più facile a dirsi che a farsi, di questi tempi. Ma sul lungo periodo impossibile non vengano al pettine i nodi delle eccessive quotazioni di colossi come i giganti della Silicon Valley o Tesla a scapito della necessità di rilanciare “Main Street”, l’economia che porta il pane sulla tavola delle persone.

Aggiungiamo noi un quarto e fondamentale punto, trasversale a tutti gli altri. Servirà la necessità di rimettere l’uomo e non il profitto al centro dell’agire economico. Servirà, in altre parole, un più equilibrato rapporto tra individui, finalità sociali dell’azione economica e ricadute di vario tipo su ambiente, lavoro, rapporti interpersonali, produzione, commercio. La pandemia ha ricordato che la tutela della vita umana vale il sacrificio di ogni altra questione di ordine economico, politico o sociale. La rinascita dovrà invece basarsi sulla difesa dell’uomo e della sua dignità al centro del mondo del lavoro. Perchè indici, dati e statistiche hanno dietro di essi il lavoro, la fatica, l’ingegno di milioni di persone attive quotidianamente nell’economia di tutti i Paesi del pianeta. La cui valorizzazione deve contribuire alla rinascita dopo un evento che ha messo a repentaglio certezze consolidate da tempo.

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