La Germania punta il dito contro il debito pubblico dell’Italia e spaventa Giuseppe Conte con la riforma del Mes. Eppure, prima di guardare in casa di altri, Berlino farebbe bene a dare un’occhiata nel salotto di casa propria, perché lì, in mezzo e nascosta sotto il tappeto, si annida una quantità industriale di derivati tossici. Innanzitutto i derivati bancari non sono altro che titoli il cui prezzo dipende dal valore di un altro bene o di un’altra attività “sottostante”, che può essere costituita da indici finanziari, azioni, valute, tassi di interesse ma anche beni materiali. Il derivato in sé, insomma, è una specie di scommessa sulla previsione dei prezzi di certi beni.

Attenzione però, perché questo strumento finanziario aumenta a dismisura le possibilità di profitto ma allo stesso tempo moltiplica rischi e perdite per via della difficoltà della valutazione. In seguito alla loro massiccia diffusione, i derivati bancari hanno assunto una natura speculativa, la stessa che ha aperto le porte a un mercato di titoli tossici. I derivati tossici sono quelli che hanno un tasso di rischio talmente alto da rendere praticamente certa una diminuzione di redditività in capo al cliente. Questi derivati hanno caratteristiche che favoriscono le banche e che, allo stesso tempo, provocano enormi perdite nelle casse dei soggetti che ne fanno uso.

I titoli tossici della Germania

Detto questo, le banche della Germania sono stracolme di titoli tossici. Prendiamo la Deutsche Bank: l’istituzione bancaria più importante del Paese un anno fa contava 48 mila miliardi di euro di derivati, cioè 14 volte il pil dello Stato tedesco, mentre oggi, dati più recenti, parlano di 43 mila miliardi. Il valore di questi titoli tossici è però soltanto la punta dell’iceberg di quello che sta accadendo in Europa. Come fa notare il quotidiano Milano Finanza, che a sua volta cita un rapporto dell’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (Esma), il mercato europeo dei derivati, a fine 2018, ha raggiunto un valore nozionale lordo di 735 mila miliardi di euro, con una crescita annua che si attesta intono al + 11%. Il motivo di una simile impennata sta tutta nell’aumento degli strumenti sui tassi di interesse, ma quello che veramente impressiona è l’entità del citato valore nozionale lordo, che equivale a circa 45 volte il pil dell’Ue. In altre parole, i derivati hanno assunto un peso (troppo) fondamentale rispetto all’economia reale. La maggior parte di loro si trova nella pancia dei vari istituti europei, i quali, potendo contare solo su un’enorme cumulo di titoli spazzatura, non riescono più a far quadrare i conti.

Ripulirsi grazie al Mes e all’Unione bancaria

Deutsche Bank è il caso più emblematico ma non è certo l’unica banca tedesca in sofferenza. In ogni caso, nel periodo compreso tra luglio e settembre la grande banca ha perso 942 milioni di euro a fronte di un utile netto di 130 milioni relativo allo stesso lasso di tempo dell’anno precedente. Come se non bastasse, nel terzo trimestre i suoi ricavi sono scesi del -15% fermandosi a circa 5,3 miliardi di euro mentre il reddito fisso è sceso del -13%. Da tre anni a questa parte, per colpa di un modello di business ormai non più all’altezza del contesto, la Deutsche Bank non riesce a generare redditi, a mettere un freno al crollo della capitalizzazione e maneggiare i derivati tossici che stanno erodendo la sua affidabilità.

Chi salverà le banche tedesche? La risposta arriva direttamente dal vice amministratore delegato di Deutsche Bank, Karl von Rohr: “Per noi, il consolidamento sarà più a livello europeo”. Significa che nei piani di Berlino a rimettere in sesto le banche teutoniche sarà l’Europa, quindi l’insieme dei Paesi che la compongono. Il senso è chiaro: la Germania spera di ripulirsi e mettere a lucido le sue banche puntando sul rafforzamento dell’Unione economica e monetaria dell’Unione Europea (Uem). Per arrivarci, dovranno prima essere raggiunti alcuni step: la riforma del Mes, la creazione di uno strumento di bilancio per la competitività e la convergenza nell’Eurozona (Biic) e un approfondimento dell’Unione bancaria con la garanzia dei depositi.





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