Pagare per il denaro depositato? Una realtà già in via di definizione in diversi Paesi d’Europa, dove a seguito del rinnovo del quantitative easing da parte di Mario Draghi il taglio del costo del denaro ha spinto banche e istituti di gestione del risparmio a ritenere praticabile la soluzione dell’applicazione di tassi d’interesse negativi sui conti correnti.
Jean-Pierre Mustier, ad di Unicredit, ha altresì auspicato che questa prassi diventi la regola, trasformandosi in una vera e propria “tassa” sul denaro accumulato e non investito. Tale prassi è realtà già in Svizzera e Danimarca, ove sussistono prelievi fino allo 0,75% sul circolante depositato, ma con dovuti distinguo: tali regolamentazioni sono costruite per penalizzare i grandi patrimoni improduttivi. Ad esempio Ubs ha deciso di caricare a partire da novembre i clienti più facoltosi, depositari di conti correnti superiori ai due milioni di franchi,con un tasso negativo dello 0,75%, pari a quello applicato dalla Banca nazionale svizzera sui depositi. Credit Suisse lavora a un’analoga misura per i conti superiori al milione di euro, ma più significativo come risposta alle richieste di Mustier è quanto sta avvenendo nel Paese-chiave dell’Eurozona, la Germania.
In terra tedesca stanno infatti iniziando a proliferare politiche di tassi negativi imposti ai conti correnti anche sulla base di benchmark di risparmio che sarebbe esagerato associare a tenori di vita fuori dal comune o a livelli di ricchezza improduttiva eccessivi. Gli istituti temono l’erosione dei margini di profitto per la riduzione eccessiva del costo del denaro, che rende quasi sconveniente avanzare prestiti e mutui, e con le incertezze economiche che scuotono il Paese e provano a guadagnare nel modo più semplice, ovvero tassando i depositi.
A lanciare la nuova strategia una serie di piccoli e medi istituti che potrebbero essere i più colpiti dal nuovo vento congiunturale. A cominciare per prima, la Berliner Volksbank che ha annunciato nella seconda metà di settembre un prelievo annuo dello 0,5% sui conti correnti superiori ai 100mila euro. Ovvero 500 euro ogni 100mila euro depositati nelle banche, come un prelievo fiscale in più. Altre due banche tedesche hanno invece fissato una soglia differente. Si tratta, come sottolinea Milano Finanza, “di Raiffeisenbank Oberland, con sede a Bad Tölz, in Baviera, e di Volksbank Ettlingen nel distretto di Karlsruhe, che hanno deciso di applicare il -0,5% a partire da 250mila euro”. Questo causa un’indiretta fonte di guadagno per gli istituti a scapito dei depositanti: “Mentre la Bce chiede alle banche europee lo 0,5% ma poi riduce gli effetti negativi attraverso lo strumento del tiering sui depositi, quindi applica a scaglioni progressivi il tasso negativo, per ora le banche tedesche si limitano a chiedere il -0,5% in conto corrente”.
Sulla finanza tedesca pende la spada di Damocle di Deutsche Bank, vittima del suo gigantismo finanziario e dell’incapacità di conciliare la natura di banca commerciale e istituto d’affari, dunque le banche si limitano a coltivare il proprio giardino, riducendosi a un vero e proprio “estrattivismo” sui depositanti con la speranza recondita di indurli a spostare le loro fortune sul risparmio gestito. In Italia, per ora, i rendimenti dei conti sono ai minimi (0,04% medio) ma, nonostante la proposta di Mustier, non si intravede uno scenario analogo. La Fabi, per bocca del Presidente Lando Sileoni, ha avvertito che promuovere una riforma del genere causerebbe incertezza nei consumatori e causerebbe una fuga di risparmiatori verso le Poste Italiane. Il risparmio è il cardine della ricchezza italiana e nessun istituto può permettersi di spremerlo ulteriormente per cercare un minimo aumento di rendimenti. Ma per quanto a lungo gli istituti terranno il freno da questa tentazione?