Il governo italiano vara piani duri e severi contro gli evasori fiscali, il governo francese tira le somme delle sue politiche, tutt’altro che morbide, in relazione a misure varate nel 2018. Emmanuel Macron ha infatti supervisionato l’introduzione di misure dure volte a inasprire i controlli, le sanzioni e, in casi estremi, la punizione penale per i grandi evasori che hanno consentito di aumentare del 40% il gettito dalla lotta all’evasione.

La Francia, con un’evasione fiscale di circa 100 miliardi di euro l’anno, è nell’ordine di grandezza dell’Italia in questo campo (110 miliardi). Le politiche governative per il contrasto all’evasione combinano l’utilizzo di nuove tecnologie, il rafforzamento dei controlli incrociati, lo sdoganamento di nuove forme di “polizia fiscale” e il deterrente del naming and shaming, la pratica di origine statunitense che consiste nel rendere pubbliche le condanne per evasione fiscale.

Sotto la guida del magistrato Nathalie Bécache, i 25 uffici della polizia fiscale hanno indagato sui reati di natura fiscale, consegnato alle procure oltre 1.100 fascicoli per indagini penali e superato il “blocco di Bercy”, ovvero il processo che concentrava sul solo ministero delle Finanze la possibilità di effettuare lo screening dell’evasione, ingolfandone la burocrazia di procedimenti inevasi. Inoltre, sottolinea Il Fatto Quotidiano, “il legislatore d’Oltralpe ha rafforzato i poteri delle Dogane in materia di lotta ai software che consentono di effettuare frodi o dissimularle e ha incremento lo scambio di informazioni all’interno dei diversi rami della pubblica amministrazione. Secondo la radio francese Europe1, solo sfruttando le nuove frontiere dell’intelligenza artificiale le casse pubbliche sono riuscite a recuperare 640 milioni attraverso il “data mining”, cioè l’incrocio dei dati già in possesso dell’amministrazione”. Gerald Darmain, ministro francese per la pubblica azione e la contabilità dello Stato, ha dichiarato a Le Monde che il gettito complessivo della lotta all’evasione fiscale nei primi nove mesi del 2019 è stato di 5,6 miliardi di euro (+40%).

Ciò che dovrebbe far pensare in maniera profonda i legislatori del governo italiano è il fatto che buona parte di questo incremento sia stato dovuto all’extragettito conquistato colpendo l’evasione delle grandi multinazionali. Dopo la minaccia di apertura di un fascicolo nei suoi confronti Google ha ad esempio patteggiato un’ammenda da 465 milioni di euro per evitare l’apertura di un procedimento nei suoi confronti. La politica italiana deve capire che non è colpendo idraulici, elettricisti, commercianti, partite Iva che soffrono per un fisco eccessivamente gravoso nei loro confronti che la lotta all’evasione si può sostanziare. L’evasione delle grandi multinazionali è la sfida da vincere, e anche questa non rappresenta un obiettivo definitivo. Nemmeno la legge francese impedisce alle grandi società transalpine di creare con pochi semplici mosse una società in un paradiso fiscale (magari all’interno della stessa Unione europea) o di sfruttare architetture già esistenti per evitare allo Stato la possibilità di far pagare pienamente le tasse.

L’elusione fiscale è la grande partita che i Paesi ancora non hanno voluto affrontare in maniera netta e decisa. Se c’è qualcosa che l’esempio francese può insegnare all’Italia è che lo sfruttamento di nuove pratiche e nuove tecnologie può dare i suoi frutti nel contrasto all’evasione, ma che tali successi locali siano la punta dell’iceberg di fronte a un giro d’affari di elusione da decine di miliardi di euro che non si ha il coraggio di scardinare.

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