Minacce al Messico, linea dura con la Cina e adesso anche l’India nel mirino. La guerra dei dazi di Donald Trump non conosce tregua né confini. Mentre nelle ultime ore scattavano le tariffe incrociate annunciate a maggio da Pechino e Washington, Trump lanciava un ultimatum al governo del messicano Obrador: “Dazi se non fermerà i migranti”. Ma l’avvertimento più serio è destinato all’India, storico alleato degli Stati Uniti: “Stop alle agevolazioni commerciali con Mumbai”.
L’India nel mirino della Casa Bianca
La linea di Trump non è dura ma durissima. Il Make America Great Again non fa distinzioni tra amici e nemici, tutti rientrano potenzialmente nella seconda categoria se ostacolano in qualche modo l’economia di Washington. Anche l’India, da sempre in ottimi rapporti con la Casa Bianca, si scopre vulnerabile ai dazi. Dal 5 giugno, ha annunciato il presidente americano, cesseranno le relazioni commerciali privilegiate con Mumbai, e finirà anche il Porgramma di preferenze generalizzate che da dieci anni consente all’India di esportare verso gli Stati Uniti quasi sei miliardi di dollari di merci esentasse all’anno. Il problema, secondo Trump, è che gli Usa non hanno un simile accesso al mercato indiano. La musica deve cambiare e l’unico modo per farla cambiare è premere il grilletto dei dazi.
La spiegazione di Trump
La scoperta di Trump viene annunciata dallo stesso tycoon quasi fosse un’illuminazione. “Mi sono accorto – ha detto il numero uno della Casa Bianca – che l’India non consente agli Stati Uniti un accesso equo e ragionevole ai suoi mercati. È opportuno quindi porre fine allo status dell’India come paese in via di sviluppo beneficiario”. La data da segnare con il rosso sul calendario è il 5 giugno. Da lì in poi l’India tratterà con gli Stati Uniti come qualsiasi altro Paese al mondo. Fin qui, essendo considerata “in via di sviluppo”, Mumbai godeva di uno status speciale che le permetteva l’esenzione di ogni tariffa americana su miliardi di prodotti indiani esportati in terra statunitense.
Un rapporto impari
L’India uscirà quindi dal Programma di preferenze generalizzate, un elenco creato nel 1976 per agevolare i Paesi più poveri e aiutarli a crescere mediante regole commerciali più morbide. I rapporti economici fra Stati Uniti e India sono piuttosto floridi: nel 2018 Mumbai ha esportato negli Usa prodotti dal valore di 83,2 miliardi di dollari, di cui 5,6 esenti da qualsiasi tariffa. Il problema per Washington è che a parti invertite non c’è altrettanta convenienza, visto che il mercato indiano, formato da 1,3 miliardi di potenziali clienti, è quasi impermeabile. L’anno scorso il deficit commerciale degli Stati Uniti con l’India è stato di poco meno di 27 miliardi di dollari.
La Cina conferma i dazi
Sempre sul fronte asiatico c’è da registrare l’effettiva entrata in vigore sia dei dazi cinesi su merci americane che viceversa. La China ha confermato l’aumento delle tariffe su 60 miliardi di dollari di prodotti americani dal 10% al 25%; gli Stati Uniti hanno applicato dazi del 25% su 200 miliardi di beni made in China. Non è da escludere che nelle prossime settimane possano scattare nuovi provvedimenti incrociati.