La strada verso il Recovery Fund resta in salita: il verdetto principale del più recente summit dei Ministri dell’Economia e delle Finanze dell’Unione Europea testimonia come prima dell’approvazione definitiva di Next Generation Eu diversi passaggi vadano ancora completati e un accordo politico sia ancora da perfezionare.
Olof Scholz, ministro delle Finanze di Angela Merkel, ha portato avanti in nome della Germania una complessa mediazione che ha rotto al più recente Ecofin il canone dell’unanimità decisionale: i ministri convenuti a Bruxelles hanno adottato, senza cambiare una virgola rispetto alle decisioni del Consiglio Europeo di luglio, il piano per avviare le negoziazioni sul Dispositivo per la ripresa e la resilienza (Rrf) che, con i suoi 672,5 miliardi, costituisce la gran parte del NextGen. Sul piano si sono verificate diverse defezioni: al composito fronte di critici che unisce i Paesi frugali (Olanda, Austria, Svezia, Danimarca) e l’asse di Visegrad tra Polonia e Ungheria si è per l’occasione aggiunta l’Irlanda.
Roberto Gualtieri, ministro dell’Economia del governo Conte II, si era recato all’Ecofin sperando in una pronta e attiva approvazione del testo. E, al contempo, puntava, ad ottenere una netta anticipazione dei sussidi nel 2021, una riduzione del potere del freno d’emergenza che consente a un Paese membro di appellarsi per ritardare la concessione di un sussidio a un altro Stato richiedente e far valutare la domanda ad hoc e, in sostanza, una sponda per coprire i limiti di una manovra economica che, già dalle prime anticipazioni della Nota di aggiornamento al Def, si preannuncia come sostanzialmente “minimale”. Obiettivi in larga parte disattesi.
I tempi certi sono un miraggio. La risoluzione promossa dalla Germania fa avanzare il processo negoziale, ma le atteseattese sono per una conclusione del negoziato a metà 2021, nel più ottimistico dei casi, dovendo ora la palla passare a Commissione e Parlamento europeo. Infine, saranno i parlamenti nazionali a ratificare l’accordo.
Sul fronte dell’anticipazione dei sussidi, Gualtieri ha strappato due miliardi di euro per il 2021: crescerà da 4,5 a 6,5 miliardi di euro l’anticipazione della quota a fondo perduto di Rrf spettante all’Italia (dal 7 al 10%), ma nulla più. Una cifra insufficiente a tamponare una distruzione produttiva senza precedenti e che l’economista Francesco Manfredi, sentito da Italia Oggi, stima possa essere arrivata fino al 15%, se depurata dall’effetto compensativo della spesa pubblica: Sebbene “in via prudenziale è stato indicatonella Nadef il 10,5%, nota Manfredi, “non voglio immaginare una caduta del Pil, al lordo dell’effetto compensativo prodotto dalla spesa pubblica, che si avvicini al 20%. Sarebbe la prova del fallimento delle politiche del Governo, ma soprattutto la catastrofe del Paese”.
Lato freno d’emergenza, l’Ecofin ha fissato a tre mesi il termine massimo della durata della sospensione del processo di valutazione della Commissione e della task force guidata da Celine Gauer sui singoli investimenti di fronte alla richiesta di un Paese che volesse chiedere una valutazione del Consiglio Europeo sulla congruità della richiesta di un altro Stato membro. Una novità salutata da Gualtieri come una vittoria, ma che in realtà sposta il focus dal processo in sè alla sua durata. L’appello contro la concessione di un finanziamento a un Paese può esser portato avanti da uno Stato che ritiene che un’altra capitale non stia rispettando le raccomandazioni sulle riformeche l’Ue chiederà per concedere i fondi, facendo ritornare de facto le prescrizioni della Raccomandazioni Paese promosse dalla Commissione nel contesto del Patto di Stabilità. Il riferimento all’Olanda e alla sua pesante focalizzazione sui conti pubblici italiani, la sua burocrazia, il suo sistema pensionistico appare in questo contesto scontato.
Per Gualtieri e Conte, insomma, potrebbe essere un errore aver scommesso sul Recovery Fund tutto il futuro del Paese. Certo, su temi come il digitale e la politica industriale i fondi europei potrebbero fornire una sponda. Ma l’Italia sarà solo nona nella classifica dei beneficiari netti di NextGen e guadagnerà in sette anni 40 miliardi di euro: non abbastanza per pensare a una strategia di rinascita o per compensare eventuali ridimensionamenti della propria sovranità formale di fronte alle prescrizioni richieste. La Nota di aggiornamento al Def, su 40 miliardi di euro per il 2021, sconterà 10 miliardi di sovvenzioni. Troppo poco per Manfredi: “Non mi sembra granché utile né razionale Come non è razionale che si sia scelto uno strumento che deve passare per l’approvazione di 27 governi e 27
parlamenti nazionali” prima di entrare in vigore.
Infine, anche sul fronte dei finanziamenti siamo in alto mare. Il Recovery Fund e il debito mutualizzato sono stati finanziati sforbiciando i fondi a ben più strutturati programmi strategici di investimento e ricerca, depotenziati o azzerati, ma per coprire i 750 miliardi di euro complessivi, nota l’economista Giuseppe Pennisi su Formiche, ora si fa sentire la necessità di “trasferire capacità impositiva – per imposte di scopo quali quelle sulla plastica, sulle transazioni finanziarie, sui “giganti del web”- dai singoli Stati dell’Unione all’Ue, in particolare alla Commissione: gli stessi esperti giuridici dell’esecutivo comunitario concordano che ciò richiede un accordo intergovernativo e relative ratifiche dai Parlamenti dei 27 Stati membri”. Insomma, Gualtieri torna dall’Europa con le briciole, con un processo ancora molto lungo e con la possibilità di vedere nuove tasse europee nascere in futuro. Un po’ poco, di fronte ai programmi trionfalistici sul sostegno europeo a una “potenza di fuoco” giallorossa che si è rivelata inesistente. Mala tempora currunt per l’economia del nostro Paese…