Dopo la forte contrazione di inizio anno causata dal massimo storico toccato nello scorso 2019, dalla caduta ai minimi dei pezzi del petrolio e successivamente dalle serrate decise a livelli globali gli indici azionari americani – come del resto anche i titoli asiatici – sono tornati a salire grazie alla fiducia degli investitori. In questo scenario, dunque, sembrerebbe che il periodo oscuro segnato dagli scorsi mesi sia stato superato, lanciando nuovamente le società americane verso una nuova cavalcata al loro massimo storico. Ma nonostante i segnali confortanti delle ultime settimane, le cose potrebbero non stare necessariamente in questo modo e, anzi, un nuovo tracollo dei maggiori indici americani potrebbe arrivare da un momento all’altro.
Le società americane sono “too big to fail”?
Con l’espressione “too big to fail” ci si riferisce ad una società – se non addirittura alla quasi totalità di una filiera – che gode di un numero talmente alto di investimenti privati da non poter tecnicamente fallire. Una sorta di sogno americano – nella declinazione finanziaria del termine – che tuttavia non ha ancora trovato quella conferma empirica che garantirebbe la serenità degli investitori.
Nonostante infatti molti economisti – come Michael Kantrowitz – tendano a vedere la situazione attuale proprio come il compimento di questo assioma finanziario, la verità è che i rischi causati da una seconda ondata della pandemia di Covid-19 sono – al momento – ancora troppo imprevedibili. E l’estremo carattere aleatorio dei mercati in questo periodo segnato dall’indecisione è riscontrabile nel comportamento dei titoli azionari, che nel complesso non hanno ancora ottenuto quel rimbalzo atteso dopo il capitombolo dello scorso inverno.
Dunque, sebbene non vi sia la certezza che le società americane non siano in grado di sopravvivere al prossimo collasso, è anche vero che il momento la storia insegna che non è provabile nemmeno l’opposto. La contestuale contrazione dei prestiti concessi all’impresa negli Stati Uniti dal comparto bancario sono infatti l’evidenza di come circa l’attività imprenditoriale permangano ancora più di una perplessità. E gli istituti di credito americani, sotto questo aspetto, sono forse l’ago della bilancia più affidabile per valutare la tenuta del mercato reale e dei mercati finanziari nei prossimi anni.
Le speranze americane contro le paure europee
È singolare come nei confronti dell’attuale momento economico che si sta attraversando il Vecchio continente e gli Stati Uniti abbiano reagito in due modi completamente differenti. Mentre l’Europa procede infatti con i piedi di piombo – impostando con lunghe scadenze i propri piani di intervento – gli Stati Uniti hanno giocato sulla liquidità immediata. Una scelta che nel breve ha pagato ma che sul lungo periodo potrebbe impattare negativamente, considerando gli squilibri che potrebbe arrecare alla tenuta del Dollaro nei principali mercati di cambio mondiali.
Gli Stati Uniti – ancora una volta – hanno scelto di giocarsi la carta della speranza – e questa volta, con una grande collaborazione tra Federal Reserve e Casa Bianca. Una speranza basata sulla scoperta di un vaccino, su una seconda ondata non così imponente e soprattutto sulla tenuta dei propri partners internazionali. Ma se sulle prime due questioni buona parte del risultato dipenderà effettivamente dalla loro condotta, nell’ultimo caso si tratta di una vera e propria scommessa a carte coperte che con i recenti aumenti dei contagi potrebbe essersi già messa sulla cattiva strada.
Il rischio, infatti, è che se la situazione degenerasse ancora una volta gli Stati Uniti vengano messi nella condizione di non avere la stessa capacità economica di manovra del 2020, dovendo sacrificare alcuni dei propri pilastri fondanti dell’economia. La stabilità del dollaro, la tassazione contenuta o un liberismo di mercato che – nonostante le ultime decisioni del presidente Donald Trump – è rimasto il perno fondante dell’Economia americana. E nello scenario odierno, purtroppo, tutto si può fare fuorché prevedere il futuro di breve periodo del commercio internazionale e dei mercati globali.