Il saggio Connectography, realizzato dallo studioso e accademico indiano Parag Khanna e pubblicato nell’aprile 2016, risulta un’opera di primaria importanza per comprendere le linee di tendenza dei futuri equilibri politici ed economici planetari.  

Frutto di anni di studi e viaggi in diversi Paesi del mondo, il saggio di Khanna propugna l’idea centrale secondo cui il contesto internazionale contemporaneo stia conoscendo una decisiva transizione che vede, progressivamente, la geoeconomia prendere il sopravvento sulla geopolitica quale principale elemento determinante dei rapporti di forza planetari e, al tempo stesso, il tema della connettività infrastrutturale, economica e cybernetica tra le varie nazioni del mondo assumere crescente rilevanza. In apertura a quello che Kevin Kelly di Wired ha definito “il libro più globale mai scritto”, infatti, Parag Khanna ha identificato la connettività come destino, come irrinunciabile punto focale di qualsivoglia strategia che, nel complesso mondo del XXI secolo, voglia avere successo.

Centrali, nella concezione della connettività, sono le cosiddette supply chain, ovverosia il conglomerato di collegamenti infrastrutturali, rotte commerciali e aggregati produttivi che incrementano la resilienza economica delle diverse regioni economiche del pianeta e fungono da nuova, principale determinante delle dinamiche di potenza: se il mondo dei secoli scorsi, secondo Khanna, è stato caratterizzato dagli attriti di confine, quello del XXI secolo sarà il mondo del “tiro alla fune” tra le diverse supply chain, che vedrà i Paesi confrontarsi, collaborare e scontrarsi per poter usufruire in maniera completa dei vantaggi offerti da una proiezione economica su scala mondiale. Emblematico, in questo caso, è l’esempio della “Nuova Via della Seta” a trazione cinese, un progetto che da iniziativa della leadership di Pechino ha acquisito postura multilaterale dopo il varo di istituzione come il Silk Road Fund e la Asian Infrastructure Investment Economy(AIIB): le nazioni dell’Eurasia e gli Stati africani desiderosi di partecipare ai vantaggi della connettività hanno infatti guardato con interesse a iniziative con il Belt and Road Forum di Pechino del maggio scorso, puntando a giocare la loro parte per il conseguimento di una crescente rilevanza nel quadro delle strategie mondiali, sulla scia della crescente presa di consapevolezza della Repubblica Popolare.

In tale contesto, i dubbi circa la sostenibilità degli investimenti previsti dalla Belt and Road Initiative, ritenuti destinati a levitare sino a mille miliardi di dollari nel prossimo trentennio, sono certamente inferiori a quelli che aleggiano circa la reale utilità del programma di aggiornamento dell’arsenale nucleare americano siglato da Obama nel 2013, che in un lasso di tempo paragonabile assorbirà una quantità di denaro pressoché simile (o addirittura superiore, se saranno confermate le volontà dell’amministrazione Trump di innalzare l’esborso sino a 1.250 miliardi) senza realmente venire incontro alle priorità strategiche dell’America. In campagna elettorale e nei suoi primi mesi di governo, The Donald aveva giustamente sottolineato come il ritardo infrastrutturale del Paese potesse rappresentare, sul lungo termine, un pregiudizio per la posizione di forza di Washington, riecheggiando in questo caso le tesi di Khanna, ma all’annuncio di un massiccio piano di investimenti non ha fatto seguito nessuna iniziativa concreta per la sua materializzazione..

La connettività risulterà, di conseguenza, la principale cifra determinante dell’ordine mondiale del XXI secolo: Khanna ha avuto il merito di intuire questo elemento fondamentale, e il suo saggio rappresenta un lavoro di primissimo piano in quanto frutto di una mente elastica e vivace, capace di richiamare l’attenzione su numerosi esempi storici e presenti. La principale critica che si può muovere a Connectography, in ogni caso, è la focalizzazione su una concezione unidirezionale in base alla quale le supply chain saranno destinate, in un modo o nell’altro ad avere la meglio sui confini nazionali e sulla capacità di guida delle autorità nazionali, che Khanna ritiene avviata verso una diluizione in favore del potenziale attrattivo di pochi, potentissimi cluster di megalopoli. Tale ipotesi sembra ben al di là da venire, ma rispecchia al tempo stesso una realtà di fatto molto significativo: il mondo della connettività sarà sempre più urbano, e nei prossimi decenni il conseguimento della connettività da parte di numerose metropoli planetarie potrà al tempo stesso fungere da attrazione per le regioni e i Paesi vicini ma da calamita per l’esacerbazione di problemi come la lotta alla criminalità e le disuguaglianze economiche. I casi di Lagos per l’Africa Occidentale e di Città del Messico per l’America Centrale testimoniano come la connettività sia la linea di tendenza, ma rivelano al tempo stesso i rischi che possono esser prodotti dalla presenza di grandi squilibri tra l’accesso alle dinamiche dell’economia mondiale tra la capitale politica od economica di un Paese o di una regione e le più isolate aree circostanti.





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