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Eni si è aggiudicata cinque degli otto blocchi esplorativi dell’ultima gara esplorativa lanciata dall’Egitto, nella speranza di pescare un nuovo “jolly” come Zohr, il mega-giacimento di gas più importante del Mediterraneo scoperto proprio dal Cane a sei zampe nel 2015. Business as usual? Non proprio. Un’eventuale nuova scoperta potrebbe avere conseguenze geopolitiche enormi. Se Zohr ha permesso allo Stato arabo più popoloso del mondo di diventare autosufficiente dal punto di vista energetico, le nuove esplorazioni potrebbero portare il Cairo nell’olimpo dei Paesi esportatori, come i rivali del Qatar. Con una sostanziale differenza rispetto agli emiri del Golfo: l’Egitto di Abdel Fatah al Sisi è la 12ma potenza militare mondiale, secondo il 2022 Global Fire Power, sopra potenze regionali del calibro di Turchia e l’Iran.

Un progetto ambizioso

Secondo un comunicato di Eni, le licenze si trovano nel Mediterraneo Orientale, nel Golfo di Suez e nel Deserto Occidentale su superficie totale di 8.410 chilometri quadrati. L’azienda parla di “bacini prolifici con un contesto geologico petrolifero collaudato in grado di generare idrocarburi liquidi e gassosi, e possono contare anche su impianti di produzione e lavorazione vicini, oltre a un mercato esigente che consentirà una rapida valorizzazione delle potenziali scoperte esplorative”. La linea della compagnia guidata da Claudio Descalzi prevede di “esplorare e produrre gas per sostenere il mercato interno egiziano e contribuire all’esportazione di Gnl, grazie al recente riavvio dell’impianto di Gnl di Damietta”. L’impianto di liquefazione, di proprietà della società Segas (50% Eni, 40% Egas e 10% Egpc), ha ripreso la produzione nel marzo 2021.

Di fatto, l’Egitto sta già esportando Gnl in Europa via nave, ma l’ambizione è di farlo con il gasdotto Eastmed: un mega-conduttura sottomarina di 1.300 chilometri per collegare i bacini del Mediterraneo Orientale direttamente all’Italia. Non si tratta solo di un gasdotto, ma di un progetto geopolitico che ha preso forma attorno all’East Mediterranean Gas Forum (Emgf), organizzazione regionale che include Egitto, Cipro, Grecia, Israele, Italia, Francia Giordania e Autorità nazionale palestinese. Un esperimento interessante, che vede addirittura israeliani e palestinese seduti allo stesso tavolo, ma che esclude totalmente la Turchia. Anche se l’Eastmed non dovesse concretizzarsi (tanti i costi, molti i rischi), l’Emgf rimarrà un luogo di dialogo e coordinamento tra produttori, consumatori e vie di transito dell’oro blu e in un futuro anche dell’idrogeno .

mappa eastmed israele

Uno scacchiere importante

“Non si può non essere contenti del fatto che una società italiana faccia nuova scoperte in un Paese così fondamentale”, commenta a Insideover Leonardo Bellodi, ex manager di Eni e senior advisor presso il fondo sovrano Libyan Investment Authority. “È vero che in Egitto ci sono stati episodi gravissimi e inammissibili, ma è altresì vero c’è un’azienda italiana che opera con successo in uno scacchiere importante”, spiega Bellodi in riferimento al caso Regeni. “La popolazione egiziana, ma anche di tantissimi altri Paesi come Algeria, Tunisia e Libia, riceve molti sussidi, sia diretti che indiretti: basti pensare ad esempio alla benzina o al pane. Senza questi sussidi c’è un alto muschio di tensioni sociali. Nuove scoperte significano maggiori introiti che possono evitare disordini. Se Paesi come Egitto, Libia o Algeria non dovessero più avere la capacità finanziaria di aiutare la propria popolazione, il disagio esploderebbe come si è visto in Tunisia, con conseguenze gravissime anche in Europa”, aggiunge Bellodi. “Ecco perché dobbiamo essere contenti del fatto che vengano fatte queste scoperte, a prescindere da chi le faccia, che sia Eni, Total o Bp: perché così questi Stati hanno le risorse finanziarie per aiutare la propria popolazione”, conclude il manager.

Non solo vile denaro

“Spero che queste esplorazioni possano moltiplicare il petrolio e il gas dell’Egitto, garantendo al Paese l’accesso al club dei produttori”, spiega a Insideover Sherif el Sebaie, esperto egiziano di diplomazia culturale e relazioni internazionali. “L’Egitto ha una popolazione che ha superato i 100 milioni di abitanti e ha bisogno di entrate consistenti, soprattutto in questo periodo in cui l’economia mondiale sta soffrendo per il Covid, che ha colpito un settore importante come quello del turismo”, riferisce ancora Sebaie. “I rapporti tra due Paesi importanti del Mediterraneo come Italia ed Egitto, per la mole di interessi geostrategici ed economici che ci sono in ballo, non sono solo una questione di vile denaro, ma di stabilità e di benessere delle popolazioni di entrambi i Paesi”, conclude Sebaie.

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