Mario Draghi riuscirà a concretizzare l’asse con Emmanuel Macron e i leader dell’Europa mediterranea per evitare che le ombre del rigore tornino sull’Europa? Questa la domanda chiave per la due giorni di Consiglio Europeo (23-24 giugno) in cui i leader europei saranno chiamati a decisioni importanti.

Formalmente il piatto forte è la discussione sull’accettazione della domanda di avvio del percorso d’ammissione all’Unione Europea dell’Ucraina in guerra con la Russia da quattro mesi; ma di fatto l’agenda sarà ancora più complessa e, soprattutto a livello informale, si creeranno le basi per i futuri assetti di potere comunitari.

Draghi e Macron hanno in particolare un obiettivo: consolidare la risposta a una recessione sempre più probabile. E per farlo intendono prevenire l’opzione che dopo la svolta restrittiva della Banca centrale europea Bruxelles vari il ritorno al rigore e si faccia travolgere dal rigore e dalla nuova stagione dell’austerità a cui molti falchi puntano. Ma anche portare a casa misure tali da consolidare una svolta pro-crescita e anti-inflazione nella principale voce che sta alimentando il caos di questi mesi, l’energia. Con la proposta italiana del tetto ai prezzi energetici che resta sul tavolo.

Il presidente del Consiglio italiano e il presidente francese disegnano il campo di gioco, avente come capisaldi la volontà di non cedere terreno negoziale ai falchi per evitare che si ripeta la situazione del 2020, in cui Mark Rutte e l’Olanda ritardarono con il furore rigorista la risposta europea alla recessione pandemica, e di scavalcare quelle voci ritenute problematiche in seno alla Commissione von der Leyencome il vicepresidente e falco rigorista Valdis Dombrovskis. Al tempo stesso, c’è l’obiettivo geopolitico di consolidare l’asse mediterraneo-meridionale vista la concordia tra Italia, Francia e gli altri Paesi del Sud Europa (Grecia, Cipro, Portogallo, Spagna) sull’agenda da promuovere e quello sistemico di aprire le prossime discussioni del G7 portando alla luce risultati già ottenuti in campo europeo.

Draghi porterà al tavolo il fatto che l’Italia ha subito, assieme alla Germania, il ricatto energetico di Gazprom e dunque che il tetto ai prezzi energetici è una mossa di valenza strategica. “Il capo del governo vuole infatti far inserire nel testo delle conclusioni un riferimento all’utilizzo del gas come arma da parte della Russia, esattamente come il grano”, nota La Stampa. L’Unione Europea fornisce 530 milioni di euro al giorno per fonti energetiche a Mosca anche in un contesto di ridotte forniture, finanziando direttamente la guerra di Putin e per Draghi “il taglio di questi giorni delle forniture da parte di Gazprom rappresenta un assist per riproporre un tetto che andrebbe introdotto sotto forma di sanzione esclusivamente al metano che arriva via gasdotto dalla Russia”.

Esiste la percezione di una partita comune: l’annuncio del rialzo dei tassi da parte della Bce ha come obiettivo un’inflazione determianta però da caratteristiche strutturali non governabili per via monetaria, come i costi degli approvvigionamenti energetici. Si rischia di creare la ricetta perfetta per un disastro. Draghi e Macron vogliono evitare il ritorno del rigore e mettere l’agenda energetica dell’Ue al servizio della crescita e degli interessi realistici dei Paesi membri. Sistematizzando la manovra contro le fonti energetiche russe: embargo sul carbone, phasing out eliminazione graduale del petrolio con distinguo per i Paesi più dipendenti, controllo ai prezzi sul gas naturale per ridurre i flussi di denaro verso la Russia mentre si prepara il decoupling.

Non sarà facile, specie per la resistenza interna agli apparati di Bruxelles. Nelle scorse settimane figure vicine ai dossier economici gestiti dalla Commissione ci confidavano che il tetto del prezzo al gas è un tema fondamentale ma che va “vagliato con cura” perché una deroga “ai principi chiave della concorrenza europea” rischia di “minarne alla base i pilastri”. Ed è proprio compito di Paesi come l’Italia e la Francia ricordare l’eccezionalità dei tempi che corrono a chi parla esclusivamente la lingua del rigore monetario, nel rispetto di un’architettura che si vuole mantenere intatta. La lotta al rigorismo come conseguenza del cambio di passo monetario e la partita economico-geopolitica dell’energia si saldano nel consolidare l’Italia come pivot del dibattito europeo, anche grazie al solido sostegno accordato da Washington verso Roma.

La strategia di pressione mira a evitare sia una recessione che un tracollo politico dell’Europa nel pieno della crisi globale che si va preparando. I Paesi del Mediterraneo rischiano di essere i grandi perdenti di una situazione di volatilità e incertezza e sussiste la volontà politica di evitare che questo accada. Il sostegno di Paesi come l’Italia, la Francia e il resto del blocco mediterraneo all’ingresso dell’Ucraina nell’Ue può essere, pragmaticamente e narrativamente, un ulteriore sostegno retorico a un’agenda politica che mira al completo superamento dei vecchi schemi austeritari e al connubio tra sicurezza e principi economici e di mercato. Dinamiche che sostenendo Kiev nel suo avvicinamento all’Ue potrebbero consolidarsi, vista la sfida epocale che rappresenterebbe incorporare il Paese nella comunità. Tutto si tiene in questi tempi complessi: e l’agenda che l’Europa si darà dopo il Consiglio Europeo sarà tanto più lontana dai vecchi dogmi quanto più i Paesi che ne hanno subito di più le conseguenze sapranno far squadra politicamente.