Era lo scorso autunno quando la testata inglese The Financial Times evidenziò le sue riserve circa il reale stato di salute di Wirecard AG, divenuta tristemente famosa per lo scandalo dei quasi due miliardi di euro mancanti che hanno portato alla sua implosione nel giro di meno di una settimana. All’epoca, come sottolineato dalla testata BusinessInsider, la rivista britannica ricevette durissime critiche da parte della BaFin (l’equivalente della Consob italiana per la Germania); critiche che adesso sembrano essersi però capovolte a causa della mancata supervisione dei bilanci. Tuttavia, la situazione che si è creata attorno alla società quotata al Dax di Francoforte e con sede ad Ascheeim, in Bavaria, potrebbe riproporsi anche su altre società quotate in borsa e generare un effetto domino in grado di assestare un durissimo colpo agli indici azionari (e agli investitori).

La giungla dei bilanci societari

A generare l’ammanco nei bilanci di Wirecard AG sarebbe stata la dichiarazione fallace di conti fiduciari depositati nelle isole Filippine, cui esistenza è stata smentita negli scorsi giorni dalle stesse banche di Manila. Benché la società incaricata della revisione dei conti della finanziaria tedesca, la E&Y, abbia rilevato l’inganno, su di lei pesano le critiche per controlli troppo sbrigativi effettuati nel trienni 2016-2018 e che potrebbero ben presto trasformare i suoi revisori – volenti o nolenti – da “eroi” a “complici”. La stessa BaFin tedesca, inoltre, è stata investita da pesanti critiche che rendono oscuro il suo futuro, il quale sarà caratterizzato sicuramente da un ampio lavoro di ristrutturazione interna volta a scongiurare il ripetersi della crisi.

L’evitare però che da questo momento in avanti si verifichi nuovamente uno scandalo come quello che ha coinvolto Wirecard Ag ed il suo ex amministratore delegato Markus Braun non significa che – allo stato attuale – possano essere molteplici le società che hanno utilizzato e utilizzano lo stesso stratagemma. Basti pensare al caso verificatosi pochi mesi fa negli Emirati Arabi che ha coinvolto l’operatore sanitario Nmc Health e che rivelò dei debiti “spariti” dai bilanci per un importo di 2,7 miliardi di dollari. E come loro, molte altre società potrebbero versare in condizioni simili, riassumibili con dei bilanci gonfiati e con un valore azionario che non rispecchia assolutamente il reale valore dell’azienda, dando origine ad un sistema criminale dedito alla frode finanziaria.

A tremare sono soprattutto le finanziarie

Dal nuovo millennio in avanti e con l’imporsi del web, sempre maggiori sono state le società finanziarie che hanno cercato di prendersi quello spazio che sino a vent’anni fa era riservato quasi esclusivamente alle banche – e, al limite, ai broker finanziari. Società che si sono caratterizzate per un management snello, bassissimi costi societari, personale spesso assunto con mandato d’agenzia e sedi in paradisi fiscali dai quali risulta quasi impossibile farsi fornire il bilancio finale dettagliato. Insomma, una giungla di piccoli e medi operatori che sono stati in grado – anche grazie alle meno stringenti norme legislative – di imporsi sul delicatissimo mercato della gestione dei soldi degli investitori. Sì, ma con quali garanzie?

Le finanziarie si differenziano in sostanza dalle banche per il minor capitale sociale che devono possedere – o dimostrare di avere – e per la possibilità di operare attraverso un numero più esteso di intermediari. In questo modo, la gestione dei costi ribaltati sulla clientela risulta più contenuta, sebbene ciò vada a discapito della sicurezza stessa degli investimenti. Perché con un capitale sociale ridotto, di conseguenza, anche le possibilità di esporsi a rischi sono minori e molto spesso conducono ad operazioni spericolate ed al limite della legalità. In fondo, non differentemente da quanto successo all’americana Lehman Brothers nel 2008 e che si poteva considerare semplicemente la unta dell’iceberg di un problema più largamente diffuso.

Se per garantire la propria stabilità una società che gestisce denaro deve dimostrare di possederlo, ecco che magicamente si entra nel circolo vizioso del rigonfiamento di bilancio: utile per pompare il valore delle azioni e per ottenere una liquidità bancaria utile a sopperire alle mancanze. Ma se il gioco può reggere i primi anni, in situazioni di crisi – come quella attuale – il rischio è che l’esposizioni debitoria diventi così alta da portare all’implosione; soprattutto dopo che, come nel caso di Wirecard AG, viene messo a nudo il modus operandi societario. E in questo scenario, purtroppo, il rischio è che la società di Asccheim non sia che una delle tante – e forse nemmeno la più grande – ad aver utilizzato questo stratagemma, accendendo il conto alla rovescia per una bomba ad orologeria da anni dormiente negli indici azionari mondiali.





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