L’Eurogruppo convocato in via telematica tra i ministri delle Finanze dell’area euro si presenta come uno dei più cruciali appuntamenti con la storia per l’Unione Europea. Un’Unione, però, che troppe volte la storia ha saputo mancarla, schivarla o addirittura ignorarla. Persa nella sua pretesa di vivere al di fuori di essa, in un’utopia economicistica governata dai mercati, l’Europa è specialista nell’incapacità di leggere i segni dei tempi.

Anche in questo caso le prospettive per l’Unione sono notevolmente discordanti. Di fronte alla crisi del coronavirus la prospettiva di una coesione inter-europea si è rapidamente squagliata come neve al sole. Col senno di poi si può dare atto a Christine Lagarde di aver perlomeno fatto mea culpa all’atto pratico e di aver rimediato ai disastrosi errori di comunicazione con cui la Bce si era inizialmente posta di fronte alla minaccia recessiva. Le istituzioni politiche dell’Ue e diversi Paesi, invece, si sono trincerati a difesa delle proprie posizioni dimostrando poca fiducia nella possibilità stessa di un cambiamento. Vale per Ursula von der Leyen e Klaus Regling, i direttori tedeschi della Commissione e del Mes. Vale, soprattutto, per il “falco dei falchi”, l’Olanda. Mentre l’Italia ha opposto un muro contro muro e chiesto l’istituzione degli Eurobond, sostenuta dalla Spagna e dalla Francia di Emmanuel Macron che prova, comunque, a giocare su ogni tavolo.

Le prospettive che l’Eurogruppo decida di non decidere tra Mes, eurobond, Banca europea degli investimenti e condizionalità di vario ordine e grado sono tutt’altro che remote. Sul tema degli Eurobond, in particolare, l’Europa è spaccata, come scrive Il Messaggero: ““Il fronte a favore conta 12-13 Stati: oltre ai 9 della lettera (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Grecia, Irlanda, Slovenia, Lussemburgo, Belgio) già dieci giorni fa avevano espresso orientamento simile Slovacchia e i paesi baltici. Olanda, Austria e Finlandia nettamente contrari. Il governo tedesco è contrario nonostante nel paese ci sia un gran dibattito. Non è secondario che la Bce sia a favore di un coronabond perché ne alleggerirebbe l’esposizione sui mercati. L’ultima indicazione è che Berlino preferirebbe temporeggiare rinviando la decisione sul “quarto pilastro” all’autunno. Il boccone resta indigeribile”.

Un nein a cui corrisponde il secco rifiuto del Mes con condizionalità strette da parte dei Paesi del Sud Europa. La lezione di cosa ciò rappresentò per la Grecia è viva nella memoria di tutti, e la crisi odierna è troppo diversa da quella del 2010-2012 per azzardare paragoni. Sul Mes le prospettive sono però molto più sfumate. Giuseppe Conte ha dichiarato che l’Italia si opporrà al ricorso al Mes, l’Olanda perora, in punta di diritto, l’applicazione del Mes così com’è, Germania e Francia si sono accordate per presentare una possibilità sul Mes a ridotte condizionalità. La cui applicazione ai Paesi in crisi implicherebbe però una riforma dei trattati, ora come ora difficilmente realizzabile.

Dagospia scommette che l’Eurogruppo odierno sarà inconcludente. Al più, potrebbe risolversi in cauti passi avanti sul lato propositivo. Sarebbe altresì comico pensare che una riunione dei ministri delle Finanze d’Europa possa bastare a colmare le distanze emerse nel vertici del Consiglio Europeo, ovvero dei loro capi di Stato e di governo. Non a caso i Paesi con maggiore centralità in Europa, Germania, Francia e Olanda, stanno già ovviando al rischio pensando a varare sul piano interno pacchetti economici di stimolo a cui ora anche l’Italia ha dato il via. C’è forse la consapevolezza che dall’Europa non verranno sensibili passi avanti a parte gli acquisti di titoli dala Bce? Il sospetto viene. Mentre ora dopo ora l’inadeguatezza di questa Unione alle prove della peggiore crisi economica degli ultimi anni si manifesta sempre di più nella sua interezza, infatti, appare sempre più palese come saranno i singoli Stati a dover prendersi carico della parte più importante della risposta anticiclica.





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