Valdis Dombrovskis, il “principe” dei falchi del rigore, potrebbe aprire al Recovery Fund proposto dalla Francia di Emmanuel Macron e dal suo commissario Thierry Breton e sostenuto dal collega Paolo Gentiloni, dal governo italiano e dai Paesi del blocco mediterraneo.
In un’intervista al prestigioso quotidiano tedesco Haldelsblatt, infatti, il vicepresidente di Ursula von der Leyen e “zar” nella Commissione europea per quanto concerne gli affari economici ha sembrato aprire e ha dato indicazioni favorevoli in tal senso. Il potente Commissario europeo per la Stabilità finanziaria, i servizi finanziari e il mercato unico dei capitali ha affermato di appoggiare l’idea di un fondo per la ricostruzione che sarà finanziato con obbligazioni “sostenute da una garanzia degli Stati membri” e di individuare nella cifra di 1,5 trilioni di euro la massa di risorse economiche mobilitabile per la risposta alla crisi del coronavirus.
Dombrovskis, con questa mossa, anticipa quello che potrebbe essere il game-changer nella prossima riunione del Consiglio Europeo, convocata per il 23 aprile: una manovra della Commissione volta a recepire la richiesta dell’Eurogruppo di procedere sulla strada del Recovery Fund. Fino ad ora le iniziative dell’esecutivo Ue per far fronte alla crisi sono state principalmente di segno “negativo”: la Commissione si è ritirata dalla vigilanza sui bilanci nazionali sospendendo il Patto di Stabilità, ha rilassato le regole di vigilanza sugli aiuti di Stato e garantito ai governi maggiore libertà sull’utilizzo dei fondi strutturali. L’unico segnale di discontinuità è venuto dal fondo antidisoccupazione Sure, sulla cui applicabilità aleggiano i dubbi di possibili asimmetrie tra i Paesi nel momento della ricezione della “cassa integrazione europea”.
Manca a livello aggregato, invece, una grande iniziativa politica originale capace di rompere l’impasse tra i Paesi dell’Unione e risolvere anche la questione del prossimo bilancio settennale. Si è più volte manifestata la realtà dei fatti: l’Unione europea non dispone degli strumenti politici decisionali per ribaltare la partita di fronte a una situazione emergenziale quale la attuale e soffre la crescente polarizzazione del dibattito tra “nordici” e Sud Europa.
Dombrovskis coglie ora al balzo la palla della proposta dei Paesi più distanti, sulla carta, dalla linea dell’austerità seguendo la parziale apertura del suo Paese, la Lettonia, al dialogo sui cosiddetti “Eurobond” osteggiati da Germania e Olanda. Riga necessita di fondi strutturali e di coesione europea, e il suo ex premier non si fa attendere nell’invertire la linea pro-austerità seguita a lungo.
Nell’intervista però Dombrovskis non ha chiarito se le obbligazioni europee che immagina porteranno a una vera e propria mutualizzazione del debito simile a quella prospettata nel campo degli eurobond/coronabond. La sfida resterà proprio aperta sul filo della questione più importante. Certamente Dombrovskis ha portato avanti il dibattito segnalando che ai massimi livelli della Commissione la proposta dei Paesi esterni al campo del rigore è discussa e presa in considerazione. Al tempo stesso, tuttavia, rimangono dei dubbi sulla possibilità di implementarla e sul capitale politico di una Commissione non nuova a gaffes che lasciano trasparire diversi sospetti, come l’improvvida chiusura di von der Leyen agli eurobond di alcune settimane fa. Il super-falco Dombrovskis si è, in ogni caso, dimostrato più malleabile. Il censore del rigore, zelante nella sua azione, potrebbe aver aperto uno spiraglio. Sapranno i Paesi come l’Italia capire come riuscire a infilarsi?