Il “cigno nero” del coronavirus ha travolto i sistemi finanziari ed economici globali. Ma mentre la Cina sembra essere prossima a uscire da un mese e mezzo di battaglia campale contro l’epidemia, l’Europa si lecca le ferite e reagisce in maniera disunita alla marea montante del contagio.

Di fronte all’impatto sanitario, economico, psicologico e politico del coronavirus si sciolgono come neve al sole le retoriche della solidarietà europea, del “più Europa” come garanzia di sicurezza, dell’universale validità del trattato di Schengen, delle regole di bilancio su deficit e debito pubblico come “stella polare” per una corretta politica economica. Quando i falchi del rigore provano a tenere la posizione, come dimostrato dal recente caso-Lagarde, sono dolori per l’economia europea e mondiale.

Il re è nudo, lo ripetiamo da giorni, specie perché a temere particolarmente il contagio economico è quella Germania centrale nelle logiche di potere e nelle catene del valore del Vecchio Continente. Andare alla rottura tra i partner europei ora, però, aumenterebbe solo il caos politico del contagio e leverebbe i pochissimi spazi di manovra disponibili per una risposta corale. I conti si faranno alla fine: ora bisogna prendere in considerazione gli effetti materiali di anni di austerità e tagli di bilancio benedetti da Bruxelles sulle capacità di risposta al virus. Per alcuni Paesi letteralmente devastanti.

Lo sappiamo bene in Italia. Repubblica ha recentemente sottolineato con nuda crudezza gli effetti delle manovre economiche post-recessione sul bilancio sanitario: “Sono stati cancellati 70 mila posti letto, mancano 8mila medici e 35mila infermieri. A furia di tagli, abbiamo debilitato le nostre difese immunitarie, fino a renderle assolutamente inadeguate”. Così, mentre si celebravano i tagli al deficit di bilancio e alla spesa pubblica, questi creavano una riduzione dei livelli di servizio fondamentali. Tra austerità e sanità si crea un pericoloso circolo vizioso. Si tagliano i fondi, o si decurtano gli adeguamenti del bilancio del Sistema sanitario nazionale all’aumento della speranza di vita e all’invecchiamento della popolazione, si chiudono gli ospedali, non si colmano i vuoti di organico, consegnando le strutture a loro volta a una logica manageriale prima ancora che operativa.

A livello di spesa sanitaria pro capite a parità di potere d’acquisto l’Italia dal 2010 ha perso l’8,8%, in linea con le nazioni che hanno sofferto di più la crisi, ovvero Grecia (-38%), Portogallo (-11%) e Spagna (- 3,8%), attestandosi a circa 3.400 dollari contro i quasi 4.000 della media Ocse. I famosi 37 miliardi di euro di tagli di cui tanto si parla ultimamente si riflettono in tale statistica.

L’Italia non è sola, in questa desolante condizione. “10.000 letti sono andati persi negli ultimi anni in Francia”, scrive Il Fatto Quotidiano, “da undici mesi il personale ospedaliero è in sciopero in Francia per denunciare la mancanza di mezzi, umani, materiali e finanziari. I responsabili europei restano ciechi di fronte all’evidenza e non danno alcun segnale di voler mettere le politiche pubbliche in programma”.

Oltre Manica, nel Regno Unito, l’austerità marcata dei governi di David Cameron e Theresa May ha prodotto effetti simili. A ottobre il Guardian parlava di oltre 43mila posti mancanti negli ospedali del National Health Service. Il nuovo esecutivo targato Boris Johnson si è ripromesso di invertire la tendenza, ma al contempo la sua scommessa sul coronavirus non convince molti cittadini: saprà una sanità ancora debilitata reggere la sfida del contagio?

La crisi del coronavirus è una sfida cruciale alla tenuta di sistemi sanitari già messi alla frusta da tagli, ridimensionamenti, riorganizzazioni. Le manovre bancarie e monetarie che tentano di rassicurare le borse in caduta libera, che in tre settimane hanno bruciato centinaia di miliardi di dollari, non aiuteranno a consolidare i sistemi sanitari d’Europa nel pieno della battaglia. Crollati i miti, i governi europei dovranno adoperarsi per salvaguardare il più sacro e fondamentale dei diritti dell’uomo, la salute. Ridando dignità ai sistemi sanitari colpiti dalle logiche, molto spesso deviate, della dittatura dell’economico. Perché all’eroismo encomiabile di medici e infermieri di queste settimane si possa in futuro sostituire una maggiore capacità sanitaria in grado di non surriscaldare i sistemi fino al limite della loro tenuta. Come accade, purtroppo, nel caso italiano.

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