Una svolta inaspettata. A maggior ragione considerando la feroce lotta commerciale e tecnologica intrapresa dagli Stati Uniti a forza di stop, divieti e misure di controllo sulle esportazioni dei dispositivi avanzati per la produzione di microchip verso la Cina.

Pochi si aspettavano ufficialmente un colpo di scena del genere, ossia che l’ultimo smartphone di Huawei, il Mate 60 Pro, offrisse la prova più evidente dell’ottimo stato di salute dell’industria cinese dei semiconduttori. Pare infatti che il chip Kirin 9000s del suddetto gioiello partorito dal colosso di Shenzhen utilizzi un processore avanzato da 7 nanometri, peraltro fabbricato in Cina dal principale produttore di chip del Paese, Semiconductor Manufacturing International Corp (Smic).

Huawei ha rilasciato il telefono online la scorsa settimana ma non ha rivelato le sue specifiche chiave, come il design del processore o la velocità della connessione wireless. Certo è che, al netto di qualsiasi indiscrezione, i titoli cinesi dei chip hanno iniziato a riprendersi sulla base dell’ipotesi che la società potrebbe effettivamente aver progettato un ritorno trionfante per i suoi smartphone 5G utilizzando chip nazionali.

La svolta di Huawei

“C’è speranza che le aziende cinesi riescano a superare le sanzioni e le restrizioni del governo americano sulla fornitura di chip”, ha scritto pochi giorni fa il quotidiano China Daily. Gli acquirenti del telefono in Cina, sostiene Reuters, hanno pubblicato numerosi video di smontaggio e condiviso test di velocità sui social media, tutte prove che suggeriscono che Mate 60 Pro sia in grado di raggiungere velocità di download superiori a quelle dei telefoni 5G di fascia alta.

Dal 2019, gli Stati Uniti hanno limitato l’accesso di Huawei agli strumenti di chipmaking essenziali per produrre i modelli di telefoni più avanzati. In teoria, la società avrebbe potuto lanciare solo lotti limitati di modelli 5G utilizzando chip accumulati.

In estate si erano però diffuse voci ben diverse: Huawei sarebbe stata in procinto di pianificare un ritorno nel settore degli smartphone 5G entro la fine di quest’anno, utilizzando i propri progressi negli strumenti di progettazione dei semiconduttori insieme alla produzione di chip di Smic.

Eluse le sanzioni Usa?

Dan Hutcheson, analista di TechInsights, ha detto chiaramente che lo sviluppo di questo telefono da parte di Huawei rappresenta uno “schiaffo in faccia” agli Stati Uniti. In sostanza, al netto delle precauzioni e misure prese tanto dall’amministrazione Trump quanto da quella guidata da Biden, la Cina sarebbe riuscita a produrre una tecnologia che era considerata al di là delle sue possibilità.

La guerra dei chip avrebbe dovuto tenere Pechino lontana da chip avanzati realizzati internamente, cosa che invece sarebbe avvenuta sotto gli occhi attoniti di Washington. Nell’agosto del 2022, come spiegato da InsideOver, il principale produttore di chip cinese, la citata Semiconductor Manufacturing International Corp, era riuscita a compiere un importante progresso tecnologico, iniziando ad utilizzare il processo a 7 nanometri per produrre i semiconduttori, quando si pensava che non potesse andare oltre i 14 nanometri.

Adesso che le indiscrezioni iniziano ad essere confermate, la situazione è particolarmente delicata. Con una produzione autoctona di chip a 14 nm, infatti, la Cina sarebbe in grado di alimentare i chip della propria industria di consumo anche nel caso in cui l’accesso a chip più avanzati – leggi chip taiwanesi – dovesse essere completamente interrotto.  

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