La Russia intende continuare a pagare gli interessi e le tranche del suo debito estero in rubli se gli Usa le impediranno di farlo in dollari: la guerra delle sanzioni va verso un nuovo momento decisivo? Secondo quanto ha detto il ministero delle Finanze di Mosca, citato dall’agenzia Tass, la decisione della Russia è di non ritenere validi gli ostacoli occidentali. Il Tesoro americano ha detto che non rinnoverà la licenza in scadenza oggi concessa alla Russia per pagare in dollari le cedole ai creditori americani, dichiarando la sua intenzione di spingere così di fatto il Paese al default, nonostante sia in possesso delle riserve per onorare il suo debito. I pagamenti, ha sottolineato il ministero, saranno effettuati in rubli “con la possibilità di successiva conversione nella valuta originale” prevista dai bond emessi tramite il National Settlement Depository che fungerà da agente-pagatore.

Si sta per verificare lo scenario più problematico che su Inside Over avevamo segnalato come possibile: il fatto che Mosca potesse essere dichiarata in default per l’Occidente e non ritenuta tale dal resto del mondo che non impedisce gli scambi con i rubli. Un problema di carattere strutturale per la finanza mondiale che può colpire sia la Russia che gli Stati Uniti e il loro blocco. Vediamo perché.

In primo luogo, l’opzione di impedire dopo la fine del periodo di garanzia alla Russia le transazioni in dollari sul debito è il coronamento del percorso con cui gli Usa vogliono estromettere Mosca dalla finanza internazionale. Una mossa iniziata con il congelamento degli asset esteri del Cremlino, proseguita con l’embargo energetico decretato da diversi Paesi, il blocco delle fortune di molti oligarchi vicini a Vladimir Putin, l’estromissione di molte istituzioni finanziarie russe dal sistema Swift e un’ampia indagine sulle manovre di Mosca tra paradisi fiscali e criptovalute, oggi culminata con il blocco al debito estero della Russia. Per un sistema come quello russo, abituato a pasteggiare tra Wall Street e “Londongrad”, indubbiamente un duro colpo che fa sicuramente il gioco americano di dividere sempre di più l’Occidente e la Russia.

Al contempo, però, con questa serie di manovre gli Stati Uniti mettono sul piatto il futuro del ruolo del dollaro come valuta di riserva dominante in campo globale. E dunque una delle vittorie maggiori della crisi ucraina: il compattamento dietro la leadership militare, politica, diplomatica e anche economica degli Usa dell’intero Occidente. Trasformare una valuta che di fatto è squisitamente a stelle e strisce ma de iure è un perno degli scambi globali in uno strumento di pressione geopolitica e strategica apre alla prospettiva di un calo della fiducia degli attori globali nei confronti del biglietto verde. Dalla Cina all’India, dal mondo arabo all’America Latina, molti investitori avranno sicuramente preso nota: l’idea di un congelamento degli asset pregiati e del contrasto finanziario nei confronti di un Paese ad opera degli Usa è pesata da chiunque si metta sulla strada di Washington e non giova certamento alla tenuta di un sistema globale centrato sul dollaro. Lasciando margini a valute come lo yuan che, per interposta persona (Arabia Saudita ad esempio) si stanno facendo spazio come alternative.

Infine, sono da valutare gli effetti a cascata sugli altri rapporti internazionali tra Occidente e Russia. Tanto che l’Unione Europea, ha già messo le mani avanti. Non si può non leggere il blocco Usa al pagamento del debito in dollari in parallelo con la cerchiobottista decisione dell’Europa di non frenare il via libera al pagamento del gas nella divisa di Mosca. Gli Usa di fatto stracciano i contratti già scritti laddove compaiono i dollari nel pagamento del debito russo, l’Europa si appiglia al loro rispetto formale. E questo può aprire spaccature: una Russia mandata in default tecnico dagli Usa sarebbe una Russia ben più attenta e puntigliosa verso un’Europa in perenne bolletta energetica.

A Bruxelles si prende tempo. La possibilità che anche il pagamento del gas russo in rubli finisca tra le violazioni delle sanzioni passibili di confisca, dipenderà da come sarà definita la direttiva Ue in materia. Lo ha detto il commissario Ue alla Giustizia Didier Reynders presentando alla stampa le iniziative della Commissione sul congelamento e la confisca dei beni oggetti di misure restrittive, a partire da quelli degli oligarchi sanzionati. “E’ possibile ma è presto per dirlo”, ha sottolineato il commissario. “Dipenderà dalle definizioni che verranno date nella direttiva” alle diverse violazioni di sanzioni, ha spiegato, visto che “ci sono diversi tipi di sanzione e le copriremo tutte con misure restrittive che stiamo considerando come reati criminali”. Nessun passaggio sul controverso tema del debito che, ora più che mai, è una grana che nessuno può permettersi di sdoganare: Russia, Usa e Europa, ora più che mai, camminano sul bilico di un conflitto finanziario indiscriminato. Da cui tutti uscirebbero perdenti.

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