Nelle ultime settimane la Banca centrale europea sta aprendo una approfondita riflessione sulla possibilità di emettere, negli anni a venire, un euro digitale. Non una criptovaluta, nemmeno nella sua accezione più “stabile” (le stablecoin delle quali Libra di Facebook rappresenta il progetto più noto e ambizioso), ma un progetto sistemico che possa creare un mezzo di pagamento digitalizzato slegato dal potere oligopolistico dei giganti del settore, principalmente di matrice statunitense, forte della garanzia di Francoforte.

A fine novembre il membro italiano del Consiglio direttivo della Bce, Fabio Panetta, in un discorso tenuto il 27 novembre presso la Bundesbank, ha analizzato approfonditamente le ragioni che stanno spingendo la Bce a muovere verso questa svolta, legate principalmente alla volontà di tutelare la privacy dei consumatori europei e di creare una piattaforma sicura, priva di finalità di investimento  e capace di abbattere i costi dei movimenti di capitale. Secondo Panetta, la principale minaccia viene dai giganti del tech e dalle loro piattaforme di pagamento digitali: “Se non adeguatamente regolamentate, le Big Tech possono sollevare rischi considerevoli dal punto di vista economico e sociale e possono limitare, piuttosto che espandere, la scelta dei consumatori”.

Certamente l’introduzione di una versione elettronica della moneta unica spingerebbe inevitabilmente la digitalizzazione dell’economia europea, obiettivo che anche la Commissione intende perorare con forza; ma il punto cruciale della questione appare piuttosto la ricerca di spazi politici e finanziari per la concreta creazione di bolle di sovranità tecnologica da parte dei Paesi del Vecchio Continente. Quello cui si punta, anche attraverso il Recovery Fund, “è la definizione di un approccio comune a tutti i paesi dell’Unione, tale da consentire un approccio condiviso e coordinato rispetto alle opportunità del mercato digitale, e che inoltre permetta di valutarne i rischi secondo un paradigma unitario”, fa notare Gianni Bessi, analista specializzato in questioni geopolitiche, su Start Magazine. Rischi che, in ultima istanza, si possono sintetizzare nel ruolo politico della moneta. Ai tre elementi tradizionali (mezzo di pagamento, equivalente generale, riserva di valore) che segnalano le sue funzioni nell’era della globalizzazione la moneta sta aggiungendo anche quello di “riserva di sovranità”. L’Europa lo sta capendo, anno dopo anno, vedendo le potenzialità non sfruttate di una valuta, l’euro, che è seconda solo al dollaro come riserva globale di valore ma non ha la stessa proiezione politica del biglietto verde.

La moneta, nota Bessi, ” è infatti uno strumento cruciale di controllo sul mercato (e sulla società), e se questi diventano digitali, anche la moneta deve seguirli per non perdere presa” e giocare al tavolo dei più grandi attori la partita finanziaria internazionale. Casi come le sanzioni statunitensi all’Iran segnalano l’impossibilità per l’Europa di accedere a mercati colpiti da Washington con l’esclusione dai circuiti internazionali senza un proprio sistema digitalizzato di transazione finanziarie e pagamenti, mentre la Germania, Paese centrale nell’Europa, sta subendo da tempo l’escalation delle sanzioni Usa contro il consorzio North Stream II, vedendo diverse imprese defilarsi dalla corsa al nuovo gasdotto che la vincolerà alla Russia.

Inoltre, uno degli aspetti rivoluzionari dell’introduzione dell’euro digitale potrebbe essere che i semplici cittadini potrebbero avere un proprio deposito di moneta elettronica direttamente presso l’Eurotower di Francoforte. Fattispecie che forzerebbe la transizione della Bce a banca centrale compiuta, processo ora interrotto dal suo rifiuto di intervenire direttamente a sostegno della monetizzazione dei deficit degli Stati. La percezione dell’Eurotower è che oramai il sistema finanziario euro abbia come garanzia di ultima istanza il proseguimento dei piani di acquisto titoli da parte della Bce e che dunque quest’ultima possa agire comodamente nel contesto della raccolta di depositi (virtuali) senza esser percepita dalle banche private come una concorrente. L’assenza di potere di rendita sui depositi digitali favorirebbe questa convergenza.

L’euro digitale si preannuncia dunque come una partita politico-economica di primo piano. Che l’Europa deve giocare approfonditamente senza però cedere a quelle che possono essere le ben note pressioni legate alle monete digitali, legate all’illusione di poter creare facili prodotti di investimento che, molto spesso, finiscono per creare instabili bolle speculative.

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