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L’onda lunga del 2020 generata dalle problematicità legate all’emergenza sanitaria si estenderà nel 2021 con effetti che travolgeranno anche il settore economico. Ad essere colpite saranno sia le economie più avanzate ma anche quelle in via di sviluppo con la conseguenza di determinare la nascita di nuovi poveri.

Gli effetti devastanti del 2020

Dal marzo del 2020 la società è stata colta inaspettatamente da una rivoluzione che ha colpito tutti i fronti: da quello sanitario a quello economico, fino a quello sociale. L’arrivo della pandemia da coronavirus ha totalmente cambiato il modo di vivere e lavorare con effetti che attendono adesso la conta dei danni. Chiusure forzate, limiti agli spostamenti, imposizione di orari che gestiscono la vita sociale, sono tutte misure adottate per limitare al massimo i danni di carattere sanitario. Ma mentre da un lato si cerca di tamponare il più possibile gli effetti che incidono negativamente sulla salute per il dilagare del virus, dall’altra parte rimangono scoperte tutte quelle necessarie forme di tutela dell’economia che lancia segnali di sofferenza da tutte le parti già da molto tempo.

Le costanti chiusure degli esercizi commerciali  sostituite di tanto in tanto solo dalle limitazioni degli orari allo svolgimento delle attività, hanno avuto l’effetto di far chiudere definitivamente le saracinesche di numerosi negozi. Se prima i piccoli imprenditori rappresentavano una fetta della società le cui condizioni economiche erano classificabili come modeste, adesso per loro si apre lo scenario della povertà. Ebbene sì, dall’emergenza sanitaria sono nati i nuovi poveri e chi già lo era lo è diventato ancor di più. Secondo i dati Istat nel 2020 la contrazione del Pil in Italia è stata del -8,9% e gli effetti sono visibili agli occhi di tutti.

Cosa ci aspetta nel 2021?

Se nel 2020 la situazione economico-sociale ha iniziato a vacillare lanciando i primi segnali di crisi, per il 2021 le attuali condizioni non lasciano presagire in previsioni più rosee. L’allarme che preannuncia la morte di altre attività ormai proviene da più parti. A tutto ciò si aggiunge il fatto che il coronavirus è ancora presente e corre più di prima: tradotto in termini previsionali, vuol dire che gli scenari di povertà saranno più drammatici della scorsa stagione. Quello che si preannuncia è un clima economico austero. Rimane chiaro che chi ha potuto disporre fino ad oggi di una buona fetta di risparmi e non ha accumulato debiti, potrà spendere, andare in giro e consumare aiutando il settore della ristorazione e del turismo a riaccendere i motori con un effetto a catena. Ma il nodo cruciale sarà legato a quale politica economica sarà intrapresa, in particolare quella europea.

“Se le politiche saranno all’insegna dell’austerità – afferma su InsideOver l’economista Sergio Cesaratto – questo ucciderà ogni segno di ripresa e aggraverà, con la mancata crescita robusta del Pil, la crisi debitoria”. Analizzando questo contesto, secondo Cesaratto, ha senso parlare di congelamento del debito che gli Stati hanno verso la banca centrale. “Si ha paura che la moneta creata dalle banche centrali in questi anni generi inflazione”. asserisce il professore, che continua: “Magari, verrebbe da rispondere. In realtà non è moneta in mano alla gente comune pronta a spenderla, ma in mano al settore finanziario o comunque ai benestanti che o la tiene ferma o al massimo la investe in titoli o abitazioni. Insomma, la politica monetaria dovrà continuare accomodante. Questo per noi italiani è poi vitale”.

Lo spettro gravoso delle disuguaglianze

L’impressione è che il peggio, sotto il profilo economico, deve ancora arrivare. L’onda lunga del 2020, potrebbe trasformare la pandemia sanitaria in una pandemia economica. Il vero problema è dato dalla crescita delle disuguaglianze: in tutto il mondo, sono ampi i segnali che mostrano un divario sempre crescente tra ricchi e poveri. Un elemento in grado di alimentare insofferenza e frustrazione, caratteristiche ancora peggiori della stessa povertà in quanto coniugano alla mancanza di un lavoro quella di una seria prospettiva futura. Secondo il professor Sergio Cesaratto i malesseri vengono comunque da lontano: “La crisi – ha dichiarato – ha ovviamente aggravato le diseguaglianze accrescendo la disoccupazione e mandando in crisi anche categorie imprenditoriali, piccole e grandi. Ma il problema c’era anche in precedenza”.

Il Covid in qualche modo, sotto questa prospettiva, avrebbe avuto la “semplice” funzione di amplificare malanni sociali già esistenti. E questo vale soprattutto per il mondo occidentale, il quale negli ultimi mesi si sta riscoprendo sempre più vulnerabile e in preda a latenti segnali di malessere. Anche per l’Italia le prospettive su questo fronte non sono delle più rosee: quando nel 2021 scadranno alcune delle misure volte a tamponare la crisi, quali tra tutte il blocco dei licenziamenti, lo spettro delle diseguaglianze potrebbe assumere importanti dimensioni. Per Sergio Cesaratto anzi, proprio l’Italia potrebbe essere uno dei Paesi più esposti alle crisi innescate dalle disuguaglianze: “Questo è maggiormente possibile in paesi deboli come il nostro – afferma – ma segni negativi vi sono anche in altri paesi, beh quello che è successo negli Stati Uniti insegna”.

L’occidente è in grado di comprendere la portata storica delle disuguaglianze?

Quando l’onda dell’emergenza sanitaria portata dal 2020 si ritirerà, potrebbe lasciare dietro di sé un vero e proprio deserto economico. L’impatto del Covid, per migliaia di aziende in Italia e in Europa, rischia di avere l’effetto di un colpo di grazia a situazioni già molto critiche e precarie. Viene dunque da chiedersi se, di tutto questo, il mondo occidentale è consapevole. E se, soprattutto, ha la forza per ripartire: “Purtroppo no – taglia in modo lapidario Sergio Cesaratto – I problemi il capitalismo occidentale li aveva anche prima della crisi sanitaria, come ben sappiamo. Si parlava di stagnazione secolare causata soprattutto dalla diseguaglianza che impoverisce il potere d’acquisto dei cittadini comuni. Poi c’è la crisi ambientale che potrebbe far impallidire la crisi sanitaria attuale”.

“Voglio fare un’affermazione che farà sobbalzare alcuni vostri lettori – ha poi proseguito Cesaratto –  il dramma dell’umanità è stato nel fallimento del socialismo reale. Prevedibile, qualcuno dirà. Forse, ma il fatto è che con esso è fallito (o riuscito solo in parte) il tentativo più ambizioso di costruire una economia a misura umana. I liberisti diranno che esso non poteva che portare alla dittatura, e che è meglio rimanere liberi e cercare di correggere gli esiti più negativi dell’economia di mercato. La questione è che diseguaglianza e disastro ambientale appaiono di difficile correzione nel capitalismo selvaggio”. Un problema quindi sistemico e non derivante unicamente dall’attuale crisi pandemica. Su cui però, almeno per il momento, l’occidente non ha individuato la giusta cura. Né, tanto meno, sembra averla a portata.

 

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