Nel silenzio generale la Cina sta cambiando e presto potremo averne la conferma. Il Dragone è pronto a mutare pelle senza snaturarsi, ad affrontare le sfide odierne con nuovi meccanismi economici e finanziari, a premere il tasto magico delle riforme. Nella recente storia cinese è successo spesso che il governo, una volta accortosi di indossare abiti diventati ormai troppo stretti, abbia cambiato veste per restare al passo con i tempi. Adesso è arrivato il momento di prendere dall’armadio un nuovo indumento, più snello, leggero e adatto alla temperatura dell’attuale stagione geopolitica.

Tra apertura e globalizzazione

Il premier cinese Li Keqiang, presente a Dalian per la cerimonia di apertura del Forum estivo di Davos, ha dichiarato che la Cina diventerà un Paese ancora più aperto e trasparente per gli investimenti esteri e ha promesso che il suo ambiente commerciale migliorerà ulteriormente. “La Cina – ha spiegato Li, come riportato da Agenzia Nova – promuoverà l’apertura su tutti i fronti. Inoltre sosterrà gli investimenti stranieri in industrie manifatturiere avanzate come l’elettronica, la produzione di attrezzature, la medicina e nuovi materiali, sia nelle regioni centrali e occidentali”. Le novità non sono ancora finite, perché il premier ha poi sottolineato come Pechino rimuoverà i limiti sulla proprietà straniera di intermediari e concessionari a termine con un anno di anticipo rispetto a quanto stabilito in precedenza.

A difesa del multilateralismo

Proprio come Xi Jinping, anche Li Keqiang ha utilizzato la parola chiave che più di ogni altra è utile per descrivere la strategia globale della Cina odierna: il multilateralismo. Il Dragone intende salvaguardare il multilateralismo e il libero commercio, puntando a mantenere un sistema economico mondiale aperto e inclusivo. Nei piani della Cina, la pluralità di interessi deve prevalere su tutto il resto ed è impensabile che possa esserci una sola potenza (Stati Uniti) in grado di dettare l’agenda agli altri Paesi. Pechino ha capito che questo è il momento opportuno per cavalcare la globalizzazione e piantare su di essa la bandiera rossa.

I cataloghi della svolta

Un altro segnale a conferma di questa tesi arriva dalla Commissione nazionale per lo sviluppo e la riforma (Ndrc) e dal Ministero del Commercio cinesi. Insieme hanno pubblicato due cataloghi: uno per incoraggiare gli investimenti esteri di settore a livello nazionale, l’altro per riunire in una lista le industrie delle regioni centrali, occidentali e del nord-est del Paese – cioè le zone dove l’economia ha faticato e fatica a prendere il volo – che saranno presto soggette a criteri agevolati di investimento estero. L’obiettivo è dare slancio allo sviluppo industriale del Paese, senza dimenticare i progressi tecnologici e strutturali. Pechino ha incoraggiato gli investimenti esteri in settori particolari, tra cui quelli riguardanti la produzione di alta gamma, l’intelligenza artificiale e la produzione verde. Nel 2018 la Cina aveva attirato investimenti stranieri pari a 138,3 miliardi di dollari; quest’anno, calcolando solo i primi cinque mesi, il Dragone ne ha già accolti 54,6, registrando un +3,7% alla voce di crescita su base annua. Senza considerare gli effetti dei due cataloghi pubblicati.





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