Fino a non molti anni fa, nell’immaginario collettivo la Cina rappresentava la nuova El Dorado della ricchezza. Il mito dei misteriosi cinesi con le valigette piene di banconote da cento è poi stato sostituito da una folta schiera di preparatissimi miliardari con gli occhi a mandorla in giacca e cravatta, tali e quali le loro controparti americane. Nel giro di pochi decenni, la Cina è riuscita a creare prima una classe media, quindi una vera e propria élite composta da facoltosi milionari e miliardari. Se fino a non molto tempo fa il numero di ricchi cinesi era in continua crescita, oggi però questo meccanismo si è inceppato. Secondo quanto rivelato dalla società di ricerca Hurun, famosa per stilare la cosiddetta Hurun China Rich List, ovvero la classifica delle persone più ricche della Cina, il numero di cinesi che possono contare su oltre 2 miliardi di yuan (all’incirca 255 milioni di euro) è calato del 3%. Le Figaro, che ha ripreso questa ricerca citata anche da Italia Oggi, spiega che il calo è dovuto principalmente a un fattore: le difficoltà riscontrate dal Dragone nei settori che tradizionalmente lo avevano da sempre trainato, come l’immobiliare e l’industria.

I colossi immobiliari e industriali in affanno

I grandi colossi immobiliari e industriali che in passato avevano consentito alla Cina di stringere i muscoli adesso sono in affanno. Molti di loro sono stati costretti a vendere i loro beni, contribuendo alla riduzione del patrimonio degli azionisti. Prendiamo, ad esempio, Wang Jianlin, il presidente del gruppo immobiliare Wanda. Il patrimonio del signor Wang si è dimezzato nel giro di due anni, passando da circa 30 miliardi di euro agli attuali 15,5. Nella classifica dei ricconi d’oltre muraglia, fino al 2017 era il primo della lista; oggi è sceso al nono posto perdendo ben otto posizioni. Per i gruppi immobiliari è pericoloso investire in nuovi agglomerati abitativi, visto che la bolla immobiliare, in Cina, è sempre sul punto di esplodere da un momento all’altro. Non se la passano meglio le grandi industrie manifatturiere, sempre più ai margini dopo che Pechino ha deciso di accantonare i beni di consumo quotidiano per puntare sui prodotti di qualità e tecnologici.

I nuovi paperoni cinesi

Le trasformazioni socio-economiche hanno ribaltato le gerarchie anche in Cina. Chi continua a fare affari, anzi, in modo ancor più ghiotti del passato, sono tutti i gruppi che hanno a che fare con le nuove tecnologie. Il vertice della piramide è occupato da Jack Ma, arcinoto anche in Occidente per essere il fondatore di Alibaba e che può contare su un patrimonio di 35,5 miliardi di euro. Poco dietro di lui troviamo il quasi omonimo Pony Ma, nonché fondatore di Tencent, gruppo che controlla anche WeChat. Tra i paperoni cinesi vanno fortissimo anche i businessman legati al mondo dell’e-commerce e dei services internet, due settori in crescita in Cina così come nel resto del mondo; ed è grazie a questa tendenza che Huang Zheng e Ding Lei sono saliti rispettivamente fino al settimo e all’ottavo posto. La new entry è rappresentata da tale Qin Yngling, che si è piazzato al quindicesimo posto accumulando 12,7 miliardi di euro gestendo la Muyuan Foodstuff, cioè un allevamento industriale di maiali. Il signor Qin deve letteralmente ringraziare la grave epidemia di febbre suina che sta devastando la maggior parte del bestiame; già, perché grazie a questo il valore dei maiali è raddoppiato. E Qin ha visto la propria fortuna triplicare nel giro di pochi mesi

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