Nelle ultime settimane nell’opinione pubblica italiana ed europea si è aperto il dibattito su quale strumento tra i finanziamenti del Meccanismo europeo di stabilità e gli Eurobond proposti da diversi Paesi dell’Unione tuteli maggiormente la sovranità politica ed economica dei Paesi del Vecchio Continente.

Il dibattito è oltremodo complesso, specie per le notevoli semplificazioni che vengono portate da una parte e dall’altra. In primo luogo perchè sul Mes si dà scontata una sua radicale modifica che dovrebbe passare per la revisione del trattato istitutivo del fondo salva-Stati, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e di una serie di complicati regolamenti comunitari che mal si concilia con i tempi brevi della crisi in corso. In secondo luogo perché gli Eurobond sono, ora come ora, una possibilità teorica ancora da definire concretamente.

I fautori del Mes segnalano che esso fornirebbe un sollievo diretto alle casse nazionali e permetterebbe di liberare agilmente risorse economiche funzionali alla ripresa del Paese. In altre parole, nei vincoli dell’utilizzo senza condizionalità, che come dimostrano le parole del ministro francese Le Maire hanno diverse interpretazioni in Europa, il Mes garantirebbe una potenza di fuoco diretta ai Paesi che ne facessero uso.

Il contraltare è rappresentato dai memorandum di aggiustamento strutturale richiesti in cambio del ricorso al fondo salva-Stati. Il proposito di alleggerite o ridotte condizionalità non pone al riparo dell’eventualità di una modifica a posteriori delle stesse ad opera del Consiglio Europeo. Spicca in tal senso il regolamento 472/2013 votato dal Parlamento europeoIn esso la possibilità di modifiche ex post del memorandum: quale debitore si rivolgerebbe a una banca sapendo che essa avrà, in potenza, la futura possibilità di cambiare le regole del gioco per quanto riguarda il rimborso del debito e il suo peso sul contraente il prestito?

Il Mes è dunque uno strumento che non tutela completamente la sovranità. Sugli Eurobond il discorso è più complesso. Tutto dipende, chiaramente, dall’utilizzo finale del ricavato delle emissioni di debito mutualizzato che l’Unione porrebbe in essere. Diverso sarebbe, ad esempio, un loro sfruttamento per il rafforzamento di istituzioni come la Banca europea degli Investimenti (Bei) o per porre in essere programmi d’assistenza. Un Eurobond che consentisse agli Stati europei di acquisire risorse in maniera proporzionale al peso relativo sull’economia europea e venisse emesso coi fondi già depositati nel bilancio Ue non garantirebbe ulteriori cessioni di sovranità.

Diverso sarebbe il discorso, invece, di un bond che portasse alla nascita di fondi “simil-Mes” che finirebbero per gravare in ultima istanza sui bilanci nazionali. Concludendo, dunque la risposta alla domanda è che il Mes, sicuramente, non difende le sovranità economiche dei Paesi ricorrenti, mentre un eventuale Eurobond (o suoi surrogati come il Recovery Fund allo studio) andrebbero valutati nell’intera filiera. Il tema della sovranità è importante in Europa e richiama alla mente il principale fattore di debolezza dell’Unione: l’incompletezza delle funzioni della Banca centrale europea. Impossibilitata a finanziare direttamente i deficit degli Stati monetizzandoli, come fanno invece la Fed e la Bank of England, l’Eurotower può esclusivamente portare avanti un’importante ma non pienamente performante operazione di calmiere dei rendimenti con l’acquisto titoli. Rovesciando la domanda iniziale, ci si può chiedere se effettivamente si possa parlare di reale sovranità nel contesto di un’architettura comunitaria che si dimostra sempre più impreparata a risolvere le crisi.





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