La Corea del Nord avrebbe guadagnato 120 milioni di dollari, mentre i cinesi sarebbero riusciti a intascare qualcosa come mezzo miliardo di dollari grazie alle 160mila tonnellate di totani del Pacifico raccolte negli ultimi due anni all’interno delle acque nordcoreane. È questo il compromesso, quasi confidenziale, che consentirebbe ai due Paesi asiatici di ottenere vantaggi e benefici. Soldi per Pyongyang, pesce per Pechino.

La Cina sostiene di rispettare le sanzioni Onu, le stesse che, volute dalla comunità internazionale e riguardanti anche i prodotti ittici nordcoreani, puntano a isolare economicamente Kim Jong Un. Eppure, come ha raccontato il New York Times, il Dragone sostiene di non riuscire sempre a controllare la sua immensa flotta di pescherecci. Detto altrimenti, il governo cinese ha risposto alle varie accuse ricevute affermando che quanto sta accadendo non è voluto dal Partito comunista cinese.

In ogni caso nel Mar Giallo sono operativi centinaia e centinaia di pescherecci industriali cinesi, i quali pagherebbero licenze di pesca irregolari a Pyongyang per raccogliere prodotti ittici in aree off limits. Secondo quanto rivelato da uno studio pubblicato da Global fishing watch, le navi cinesi (oltre 900 quelle rilevate nel 2017, 700 nel 2018) avrebbero catturato quasi la totalità dei calamari del Pacifico.

Esportazioni di calamaro e pescherecci fantasma

I pescherecci cinesi, attivi anche in altre parti del mondo, circunnavigherebbero la penisola coreana per poi risalire verso nord, fino a raggiungere la parte orientale della Corea del Nord, in concomitanza con il confine russo. Per Kim Jong Un si tratta di una manna dal cielo, visto che in questo modo Pyongyang riesce a ottenere valuta pregiata in cambio del via libera alle operazioni ittiche delle imbarcazioni straniere. Ricordiamo che, a causa delle citate sanzioni, il governo nordcoreano non potrebbe esportare il pescato. È pur vero che, stando a quanto dichiarato da Pechino, queste navi agirebbero di propria spontanea volontà.

La situazione è complessa. La presenza nelle acque nordcoreane di navi cinesi ha spinto i pescatori locali a cambiare aria. Lo studio di Global fishing watch ha rilevato che nel 2018 operavano nelle acque russe circa 3mila navi della Corea del Nord. Dovendo spingersi in alto mare per lasciare spazio ai cinesi, molti marinai nordcoreani, dotati di piccoli mezzi, e per giunta mal equipaggiati, rischiano di perdere la vita. Basti pensare che negli ultimi cinque anni si sono arenati sulle coste giapponesi ben 600 pescherecci battenti bandiera nordcoreana. In molti casi queste navi fantasma ospitavano cadaveri di pescatori.

L’interscambio commerciale con la Cina

Il commercio di calamaro è stata una delle maggiori fonti di ricavo della Corea del Nord. È per questo che la comunità internazionale è arrivata a inasprire le sanzioni per costringere Pyongyang a rinunciare alle armi nucleari. Dai frutti di mare al carbone, dal minerale al ferro: la lista dei divieti è così arrivata a comprendere anche i prodotti ittici e tante altre risorse. “È il più grande caso noto di pesca illegale perpetrato da una singola flotta industriale che opera nelle acque di un’altra nazione”, ha dichiarato, come riportato dal New York Times, Jaeyoon Park, uno scienziato esperto di dati di Global Fishing Watch.

I rapporti commerciali tra Cina e Corea del Nord sono fondamentali per il sostentamento e il mantenimento di Pyongyang. A causa della pandemia di Covid, tuttavia, bisogna segnalare che l’interscambio è crollato di quasi il 70% su base annua nel periodo compreso tra gennaio e maggio scorsi. Il governo nordcoreano ha chiuso i confini nazionali per evitare che il Sars-CoV-2 potesse diffondersi anche oltre il 38esimo parallelo.

Il prezzo da pagare è stato alto: congelare gli affari con Pechino, e quindi chiudere il principale rubinetto dal quale sgorga valuta estera. Alcuni analisti sostengono che la Corea del Nord dipenda dalla Cina per il 90% del proprio commercio estero. Ebbene, nei primi cinque mesi dell’anno, le importazioni dal Dragone sono calate del 68 per cento a 295 milioni di dollari, secondo i dati forniti dalle autorità doganali cinesi. Le esportazioni nordcoreane verso la Cina sono crollate dell’81 per cento nello stesso periodo, a soli 18 milioni di dollari.





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