Da mesi gli Stati Uniti stanno cercando un modo per ingabbiare la Cina sul tema dei semiconduttori. Il discorso è in realtà molto più ampio e chiama in causa l’intera corsa per lo sviluppo delle nuove tecnologie, delle quali ovviamente i chip rappresentano la ciliegina sulla torta.
In particolare, Washington teme di perdere la posizione leader in un settore altamente strategico e che i chip più avanzati possano essere utilizzati da Pechino per scopi militari. Siamo insomma di fronte ad una Trappola di Tucidide declinata in ambito tecnologico.
La risposta della Casa Bianca a una simile prospettiva si è materializzata sotto forma di una fitta diplomazia con Giappone e Paesi Bassi, due partner chiave per riuscire nell’intento di arginare il gigante asiatico.
Il Wall Street Journal ha scritto che Tokyo e l’Aia hanno concordato con gli Stati Uniti di iniziare a limitare le esportazioni oltre la Muraglia di chip e dei relativi componenti, sostenendo in questo modo gli sforzi dell’amministrazione guidata da Joe Biden per rallentare lo sviluppo militare del Dragone tagliandogli l’accesso alle tecnologie avanzate. La fumata bianca sarebbe arrivata venerdì scorso a Washington, in una riunione con delegati dei governi giapponesi e olandesi.
Lo scontro sui chip nel cuore dell’Europa
La guerra dei chip tra Stati Uniti e Cina è dunque sbarcata anche nel cuore dell’Europa. L’accordo tra Usa, Giappone e Paesi Bassi è in scia con la decisione di Washington di ottobre d’imporre tutta una serie di restrizioni all’export di chip e apparecchiature avanzate prodotte da società statunitensi.
La suddetta intesa, riportata in precedenza da Bloomberg, non è stata ufficializzata da nessuno dei tre Paesi ma sembrerebbe ormai essersi concretizzata. Che cosa accadrà da un punto di vista concreto? Giappone e Paesi Bassi si uniranno agli Stati Uniti nel limitare le esportazioni di apparecchiature per la produzione di semiconduttori verso la Cina.
Nello specifico, i Paesi Bassi limiteranno Asml Holding Nv nella vendita di macchine alla Cina utilizzate per produrre alcuni tipi di chip avanzati, mentre il Giappone farà altrettanto con Nikon Corp. Il vice capo segretario di gabinetto Seiji Kihara, un portavoce del governo nipponico, ha affermato che il Giappone compirà “misure appropriate” sulla base delle mosse normative degli Stati Uniti e di altre nazioni.
Il pugno duro di Washington
In attesa di capire come e se reagirà la Cina, in base alla regola annunciata dagli Stati Uniti lo scorso anno, i produttori di chip statunitensi sono tenuti a ottenere una licenza dal dipartimento del Commercio per esportare determinati chip utilizzati nei calcoli avanzati di intelligenza artificiale e nel supercalcolo necessari per i moderni sistemi di armi.
Lo stesso presidente Biden ha incontrato nelle scorse settimane i leader dei due Paesi per discutere delle misure. Il primo ministro giapponese Fumio Kishida, durante la sua visita alla Casa Bianca il 13 gennaio, ha concordato con Biden di aumentare la cooperazione sulla sicurezza per contrastare il potenziamento militare cinese e ha discusso della limitazione delle esportazioni di semiconduttori e delle attrezzature per produrli. E il 17 gennaio, il primo ministro olandese Mark Rutte ha fatto visita a Biden.
La Casa Bianca, intanto, è rimasta fedele alla sua posizione secondo cui starebbe portando avanti con gli alleati soltanto persuasione amichevole, senza alcun obbligo. “Non spingiamo nessuno dei nostri alleati o dei nostri partner: li consultiamo attentamente e loro prendono le proprie decisioni”, ha detto l’addetta stampa Karine Jean-Pierre. Chissà che altri Paesi non possano seguire le orme di Giappone e Paesi Bassi.